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Benvenuti a Conversano


Le origini della città risalgono al più tardi all'età del ferro, quando le popolazioni indigene, iapige o peucete, fondarono su una collina più elevata rispetto al territorio circostante una città di nome Norba e la dotarono di possenti mura in pietra (il toponimo, non unico in Italia, infatti significherebbe "città fortificata").

La città ebbe una felice ubicazione, posta com'era lungo un importante asse viario. Questo la rese presto un abitato fiorente, al centro dei traffici tra le colonie magnogreche della costa e le popolazioni indigene dell'interno. L'ampia necropoli risalente al VI secolo a.C. ha restituito, infatti, decine di tombe con ricchi corredi funerari, in parte di matrice ellenica.

Nel 268 a.C., con l'estensione dell'egemonia romana in Peucezia, anche Norba perse la propria autonomia; ciononostante, mantenne un ruolo rilevante, come attestato da cospicui ritrovamenti di monete, armature, manufatti in terracotta e gioielli, grazie agli scavi archeologici compiuti dentro e fuori la cinta muraria. La stessa Tavola Peutingeriana riporta il toponimo Norba, ma l'abitato non sopravvisse alla dissoluzione dell'Impero d'Occidente, presumibilmente per opera dei Visigoti di Alarico che passarono attraverso l'Apulia nel 411.

Medioevo

Già a partire dal V secolo d.C., non molto tempo dopo la presumibile scomparsa di Norba, e nello stesso luogo, le fonti attestano l'esistenza del toponimo Casale Cupersanem, che probabilmente fu sede vescovile sin dall'VII secolo. Nel 949 gli Annales Barensis attestano l'azione tesa all'assedio di Conversano da parte del casale Platipodi.

Ma fu dalla metà dell'XI secolo, con la dominazione normanna delle regioni meridionali della penisola italiana, che il luogo assurse a vero e proprio centro di potere: intorno al 1054 Goffredo d'Altavilla nipote di Roberto il Guiscardo, prese il titolo di comes Cupersani e fece della cittadina il fulcro di un'amplissima contea, estesa per buona parte della Puglia centro-meridionale, tra Bari e Brindisi e fino a Lecce e Nerito (Nardò). L'importanza della corte conversanese nel panorama nobiliare di quegli anni è ben attestata dall'aver ospitato a Conversano per alcuni mesi il duca di Normandia Roberto II detto il Cortacoscia, figlio del re d'Inghilterra Guglielmo il Conquistatore, che era di passaggio in Puglia al termine della prima crociata; Roberto II sposò anzi Sibilla, figlia di Goffredo, e ricevette una dote ampia abbastanza per riscattare l'ipoteca di 10.000 ducati sul ducato di Normandia accesa prima della partenza per la Terrasanta.

Intanto, a Conversano, Goffredo confermò i diritti fiscali sull'intero agro della limitrofa Castellana in favore dei monaci benedettini, presenti in Conversano probabilmente dall'VIII secolo.

Alla morte di Goffredo (avvenuta nel 1101 secondo Lupo Protospata), la contea andò in eredità a suo figlio Roberto e poi al secondogenito Alessandro. Nel 1132, sconfitto da Ruggero II di Sicilia, Alessandro fuggì in Dalmazia perdendo la contea di Conversano, che 1134 Ruggero II assegnò a suo cognato Roberto I di Bassavilla. Nel 1138 gli succedette il figlio Roberto II (dal1154 anche conte di Loritello) che vi regnò fino alla morte (1182).

Seguì un periodo nel quale il feudo tornò alla dirette dipendenze del regio demanio, con la parentesi del decennio 1197-1207 in cui fu possedimento di Berardino Gentile. Più tardi furono conti di Conversano per quasi un secolo i Brienne (1269-1356), fino alla morte senza eredi del duca d'Atene Gualtieri VI. La contea passò quindi più volte di mano in mano tra molti importanti casati, soprattutto per via matrimoniale: gli Enghien (-1381 e 1394-1397), i Lussemburgo (1381-1394 e 1405-1407), i Sanseverino (1397-1405), i Barbiano (1411-1422), gli Orsini (1423-1433), i Caldora (1434-1440) e gli Orsini del Balzo (1440-1455).

L'ascesa degli Acquaviva d'Aragona 1357
L'ultimo conte Orsini del Balzo era Giovanni Antonio, figlio di Raimondo principe di Taranto e di Maria d'Enghien (che poi avrebbe sposato in seconde nozze Ladislao I d'Angiò). Giovanni Antonio diede in dote l'intera contea di Conversano - che comprendeva i centri di Castellana, Casamassima, Castiglione (centro abitato poi scomparso, tra Conversano e Castellana), Noci e Turi - a sua figlia Caterina, sposa del duca d'Atri Giulio Antonio Acquaviva. Iniziava così nel 1455 il lungo possesso del feudo di Conversano da parte della casata degli Acquaviva che, salvo una parentesi di quattro anni, lo avrebbe detenuto ininterrottamente sino all'abolizione dei diritti feudali del 1806.

Giulio Antonio Acquaviva, ritenuto dai contemporanei un valente condottiero, si distinse soprattutto nella battaglia di Otranto contro i Turchi (1481). Quello stesso anno morì in battaglia per un'imboscata, lasciando il feudo in eredità a suo figlio Andrea Matteo. Anche costui eccelse in numerose battaglie; il suo comportamento eroico gli valse il riconoscimento, da parte del re di Napoli Ferdinando I, del privilegio di aggiungere all'arma del suo casato quella reale e di modificare il cognome in Acquaviva d'Aragona. Le sue fortune a corte però furono offuscate dall'accusa di aver preso parte alla cosiddetta congiura dei baroni, tanto che patì la prigione e la temporanea perdita della contea a beneficio del duca di Termoli, Andrea di Capua (1504-1508). Tornato a Conversano, ebbe modo di distinguersi come mecenate, bibliofilo e letterato e fu incluso nell'Accademia di Jacopo Sannazzaro. Morì nel 1529, mentre Conversano era funestata da un'epidemia di peste.

Giangirolamo II, il Guercio delle Puglie

Alla casata degli Acquaviva d'Aragona apparteneva anche il celebre Guercio delle Puglie, il conte Giangirolamo II (1600-1665), che amministrò il feudo dal 1626 al 1665 circondato da enorme potere, molti nemici e molte leggende.

Le cronache lo descrivono come un feudatario dispotico e senza scrupoli, avvezzo alla violenza gratuita e in grado di sfruttare ogni circostanza per accrescere il suo potere.

Così fu in occasione dell'effimera repubblica napoletana di Masaniello (1647) che si propagò anche in Puglia: benché la corona spagnola si fosse rivolta a Giangirolamo perché riportasse all'ordine le terre pugliesi sollevatesi contro i signori locali (cosa che avvenne ad esempio in Terra d'Otranto a San Cesario e Nardò), quando i rivoltosi di Martina ripararono nel territorio di Conversano, il conte accordò loro protezione per servirsene più avanti come esecutori delle azioni più efferate nei confronti dei suoi sudditi meno docili, come accadde a Locorotondo in occasione del sacco del 1648. Ben presto, i tanti nemici di cui si era circondato fecero giungere notizia alla corte spagnola degli abusi di Giangirolamo, che nel 1650 fu pertanto tradotto a Madrid e imprigionato. Proprio quando si apprestava a tornare nel suo feudo lasciato nel frattempo nelle mani di sua moglie Isabella Filomarino della Rocca, morì vittima della malaria. Era il1665.

In realtà la figura del Guercio resta incompleta senza menzionare il mecenatismo della sua corte. Si trattava certamente di un preciso programma politico, volto ad accrescere il prestigio del casato. Tuttavia Giangirolamo e sua moglie Isabella arricchirono la collezione di famiglia che con loro giunse a contare oltre cinquecento dipinti e svariate altre opere d'arte, tra mobili e suppellettili; diedero inoltre ospitalità al pittore Paolo Finoglio, che nel lungo soggiorno conversanese (1622-1645) fu autore di diverse opere: dagli affreschi della camera degli sposi, alle dieci grandi tele del ciclo ispirato alla Gerusalemme liberata, ambedue ospitati nel castello, alle fastose decorazioni nelle chiese cittadine del Carmine e dei Santi Cosma e Damiano che venivano edificate in quegli anni.

Anche la costruzione dei trulli di Alberobello fu un espediente di Giangirolamo per eludere l'editto vicereale che richiedeva l'assenso della corte per la fondazione delle città: grazie alla particolare tecnica costruttiva a secco, ogni volta che si approssimava l'ispezione regia il Guercio poteva dare ordine di distruggere i tetti delle abitazioni, che in seguito sarebbero stati ricostruiti agevolmente.

Gli ultimi Acquaviva d'Aragona

Il prestigio di Conversano e il potere del casato raggiunto da Giangirolamo II non sarebbe stato eguagliato dai suoi eredi. Nel 1690 la cittadina fu investita da un'epidemia di peste che in due anni falcidiò la popolazione e indebolì l'economia locale.

Con il Settecento le condizioni della nobiltà meridionale gradualmente mutarono e alla tensione bellica del passato si sostituirono l'amministrazione dei beni e il loro godimento. Attorno al 1730 gli Acquaviva edificarono a pochi chilometri da Conversano il castello di Marchione, un elegante casino di caccia, e iniziarono a dedicarsi soprattutto all'allevamento dei loro cavalli. Successivamente, presero a soggiornare più spesso a Napoli che nel feudo conversanese, che quindi lentamente andava perdendo il ruolo di primo piano ricoperto nei secoli precedenti.

Il Monstrum Apuliae

A lungo, la realtà conversanese fu caratterizzata dalla non facile coabitazione di tre poteri: oltre ai potenti conti del luogo, infatti, la cittadina registrava la presenza del vescovo della locale diocesi, che a lungo detenne un rilevante potere temporale nei confronti di alcuni dei centri vicini. Ad essi si aggiungeva la presenza della badessa del monastero di San Benedetto, detentrice di un'inusitata autorità, religiosa e temporale, tanto da essere stata definita Monstrum Apuliae.

Risorgimento

L'abolizione dei diritti feudali (1806) e il decreto di soppressione del monastero di San Benedetto (1810) non rappresentarono per la cittadina un momento di apertura degli spazi di libertà; la restaurazione borbonica anzi determinò uno stato di oppressione che, come in molte altre città del regno, sfociò nella costituzione di alcune società segrete. Conversano vide infatti la formazione di due vendite carbonare attorno alle quali si raccoglievano anche alcune tra le menti più aperte della vivace borghesia cittadina, di orientamento liberale.

Dal 1849 fu addirittura il vescovo locale, Giuseppe Maria Mucedola, di radicate idee giobertiane, a diventare il più acceso sostenitore a Conversano dell'unità d'Italia, tanto che sollecitò alcuni dei discepoli della diocesi, tra i quali Pietro de Bellis, a partecipare ai moti insurrezionali del  contro il governo borbonico. Durante il suo episcopato (1849-1865) promosse il locale seminario, che divenne in breve punto di riferimento per alcuni tra i più brillanti docenti del Mezzogiorno tanto da attrarre studenti da tutta la Puglia, talvol1859ta più per amore degli studi che per effettiva vocazione. Per tale ragione, nel 1876 fu aperto un convitto per i laici che ne avessero voluto frequentare le lezioni.

Età contemporanea

Dopo l'unità d'Italia, alcune vicende hanno contraddistinto la storia di Conversano: nel 1877 vi si costituì una delle prime società operaie di mutuo soccorso italiane. Nel 1886 una rivolta della popolazione nei confronti dei soprusi del mai sopito notabilato locale sfociò nell'incendio del municipio e del suo prezioso archivio. Nel 1911 le fiamme distrussero accidentalmente la cattedrale, che ne risultò gravemente danneggiata nei decori e nelle strutture portanti; la ricostruzione fu completata nel 1926.

Nel 1921, prima quindi della marcia su Roma, il giovane deputato socialista locale Giuseppe Di Vagno fu assassinato da una squadra fascista al termine di un comizio nel vicino comune di Mola di Bari.

Nel 1959 Maria Marangelli fu tra le prime donne sindaco d'Italia.

Il dopoguerra e gli anni della ricostruzione, sono stati caratterizzati a Conversano delle lotte sociali e sindacali della locale Camera del Lavoro della CGIL guidata dal segretario Domenico Bolognino. Durante la sua lunga segreteria, dagli anni cinquanta al 1972, riuscì ad aggregare e sostenere le istanze della popolazione contadina e bracciantile, costituente in gran parte la nuova classe povera. Attraverso una costante ed energica opera di rivendicazione dei diritti, il sindacato riuscì in maniera rilevante a risollevare le condizioni della classe proletaria, garantendo non solo ai lavoratori, ma anche "ai disoccupati, ai bisognosi, ai vecchi pensionati e non pensionati" migliorate condizioni di vita.

Tratto da: wiki.wikimedia.it
 

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