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La cattedrale, dedicata all’Assunta e avviata tra l’XI e il XII secolo per volontà del vescovo Leone, sorge su un’antica chiesa paleocristiana di cui rimangono labili tracce. La sua costruzione si ispirò allo stile romanico fino al tardo XIV secolo, giacché solo tra il 1359 e il 1374, su committenza di mons. D’Itri si concluse la campagna di lavori che aprì i rosoni, trasformò le navate e ampliò il transetto. La cattedrale nel corso dei secoli ha subìto notevoli modifiche, soprattutto per adeguare la chiesa allo stile barocco. Tra il XVI e il XVII secolo furono costruite ben nove cappelle laterali, riccamente decorate con ori, stucchi e colonne. Il vescovo milanese Filippo Meda fece realizzare una maestosa macchina lignea per l’altare maggiore (che conosciamo soltanto attraverso vecchie foto), l’allargamento del coro e i dipinti barocchi sulla volta. Perfino il matroneo scomparve dietro una volta intonacata ed abbellita di stucchi. Si dovette giungere alla fine dell’Ottocento per poter effettuare una serie di interventi, operati dall’architetto conversanese Sante Simone, con i quali si produsse un alleggerimento delle decorazioni barocche. Un caso fortuito, nella notte tra il 10 e l’11 luglio del 1911, determinò un incendio che distrusse completamente l’interno della chiesa, lasciando in piedi i soli muri laterali oltre alla facciata principale e a quella absidale. Per fortuna il vescovo del tempo, mons. Lamberti, riuscì a portare in salvo l’icona della Madonna della Fonte (protettrice della città e della diocesi di Conversano) e un grande Crocifisso ligneo, oggi collocato nella navata destra. Nei lavori di ricostruzione il barocco venne cancellato e le strutture romaniche furono rivalutate, mettendo in luce le linee sobrie ed eleganti del tempio medievale. Le facciate laterali, distrutte, vennero ricostruite ex novo, inserendo nella fabbrica alcune sculture molto raffinate di antica datazione e rifacendo “in stile” tutto l’apparato murario, in pietra scolpita secondo la cultura del restauro (cioè ripristino) d’inizio secolo. L’imponente facciata principale, in stile romanico pugliese, è tripartita da lesene e culmina con fastigio a capanna. Di grande pregio è il rosone, del diametro di ben quattro metri a doppia cornice del XIV secolo, che venne rinnovato dopo l’incendio del 1911. Il portale maggiore, riccamente decorato, è affiancato da leoni stilofori. Le lisce colonne cilindriche, poggianti sui leoni, presentano pregevoli capitelli bizantini “a paniere”. La lunetta sovrapposta all’architrave decorato contiene un bassorilievo della Vergine con Bambino tra due angioletti con il turibolo. Questa lunetta è delimitata da una ghirlanda di fiori traboccanti da vasi, tra cui si dispongono tredici volti umani, verosimilmente i dodici apostoli e Gesù Cristo. Il fastigio, sorretto da due espressive fiere, termina con la scultura dell’agnello pasquale, perno di lettura dell’intera chiesa. Il portale minore di sinistra, un tempo ingresso riservato ai pellegrini e ai battezzanti, reca nella lunetta il bassorilievo di S. Giorgio a cavallo che uccide il drago, mentre quello di destra, riservato ai funerali, affiancato da leoni stilofori, è sovrastato dalla statua di S. Pietro collocata nel protiro. Di grande interesse artistico è la finestra absidale, che è ascrivibile al XIV secolo. Essa presenta un arco zigzagato di gusto lombardo e colonnine tortili sormontate da due sculture raffiguranti S. Matteo e un leone per S. Marco. Al di sotto dell’archivolto vi è il bassorilievo di un angelo, che rappresenta S. Giovanni l’Evangelista. La chiesa è a croce latina ed è divisa internamente in tre navate, delimitate da grandi pilastri cruciformi sormontati da archi a tutto sesto su cui corre un matroneo del XIV secolo, probabilmente mai utilizzato mancandone la via d’accesso. Splendide sono le trifore, realizzate con la locale pietra calcarea, i cui capitelli a stampella sembrano vere trine in pietra se non fossero troppo lontane e mai illuminate adeguatamente. Delle tre absidi semicircolari, solo quella di sinistra reca un frammento di affresco trecentesco suddiviso su due ordini. In basso è raffigurata la Vergine con Bambino ai cui piedi vi è il vescovo committente dell’opera, probabilmente mons. Pietro d’Itri nell’atto di consegnarle il modellino della chiesa, adesso mancante. Questo gruppo è affiancato a destra da S. Pietro papa e da S. Cristoforo. Nell’ordine superiore campeggia il Pantocratore, circondato da angeli musicanti. L’affresco notevolmente danneggiato durante l’incendio del 1911, pur restaurato nel 1976, ha perso l’originale splendore cromatico. Nell’abside di destra è collocata una tavola di autore ignoto raffigurante Cristo risorto con cornice dorata. Il dipinto si rifà certamente allo stile di Piero della Francesca. Il Cristo irrompe nello spazio emanando una luce che acceca uno dei due soldati, mentre l’altro dorme profondamente. Splendido l’effetto dell’insegna che con morbide curve accarezza la testa del Cristo. Prezioso elemento della cattedrale è l’icona della Madonna della Fonte, che secondo la tradizione scampò all’incendio di un tempio cristiano in Africa. L’icona, per mano del vescovo Simplicio, nel 487 sarebbe giunto alla marina di Cozze a causa di un improvviso vento che costrinse i marinai, diretti a Polignano, ad attraccare. Era il primo sabato di maggio. Ancora secondo la tradizione, ad un tentativo di ripartenza si sarebbe innalzata una nuova tempesta. L’icona perciò fu lasciata a Conversano. L’immagine che rappresenta la Madonna con il figlio benedicente è impreziosita da una cornice d’argento, realizzata nel 1896; nel 1897 fu incoronata protettrice della città e della diocesi Il restauro del 1972 ha fissato, contrariamente alla tradizione, la datazione dell’opera tra la fine del XIII e l’inizio del XIV secolo, quando cioè si sviluppò un gusto nostalgico per la cultura bizantina in tutto il territorio. Protettore della città è S. Flaviano. In cattedrale si conserva una reliquia del suo braccio, portata in città da Giulianova per merito del vescovo Sulpicio Acquaviva, fratello del conte di Conversano Giulio Antonio I. Il culto del santo nel corso degli anni si è notevolmente affievolito e la sua processione del 24 novembre è stata soppressa. Viva è ancora la tradizionale fiera. La cattedrale dell’Assunta, santuario mariano, nel 1987 è stata elevata a Basilica Minore da papa Giovanni Paolo II.
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Fonte: Società Cooperativa Armida
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L’inedita firma dell’autore
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Devo innanzitutto all’attenta osservazione del prof. Franco Realmonte, cui va il ringraziamento di tutti, la parziale segnalazione dell’iscrizione apposta nella cattedrale di Conversano. Trasferiamoci sul portale laterale sud accanto alla torre campanaria (su via Lamberti, per intenderci meglio). Esso si presenta intensamente brunito e parzialmente corroso dallo smog, che è venuto accumulandosi nel tempo e aggravato dagli scarichi delle auto dovuti al persistente parcheggio nell’antistante spazio triangolare. Il portale archiacuto presenta una quadruplice scrittura architettonica che crea un grazioso movimento di profondità: 1. la zona più esterna da una parte e dall’altra è introdotta da robuste colonne terminanti ognuna con capitelli a decorazione fogliacea sottoposta a una doppia coppia di corolle e a un grappolo d’uva, su cui si erge l’ampio arco acuto distribuito in tre: decorato a rilievo, concavo e bombato, mentre tutta la parte interna è traforata da una scacchiera a quadratini. 2. La seconda zona è costituita da due larghi stipiti lisci interrotti al centro da un rilievo cuneiforme che scandisce con un gioco speculare e perfetta equidistanza due targhe rettangolari raffiguranti volute che intrecciano una coppia di corolle nella parte superiore e un grappolo d’uva e una foglia di vite in quella inferiore; quest’ultimi motivi sono ulteriormente richiamati da una parte e dall’altra sulla sommità degli stipiti sottesi alla trabeazione; su di essi è impostato il triplice arco aggraziato da una serie ricorrente di archetti a tutto sesto a loro volta descriventi internamente minuscoli archi trilobati. 3. Molto ricca sul piano descrittivo è la terza zona; qui i due stipiti, ripartiti centralmente dal solito rilievo cuneiforme che dà continuità al precedente, per così dire si “florealizzano” e si “umanizzano”: i motivi floreali sono proposti specularmente nella parte superiore, quelli antropomorfi si articolano piacevolmente in una coppia bifronte di busti e visi sormontati da rilievi floreali e che fuoriescono da un’anfora: sono chiaramente leggibili sullo stipite inferiore destro, mentre appena s’intravedono su quello sinistro; alla loro sommità è scolpito il viso di angelo o uomo sovrastante una scacchiera; il terzo arco che s’innalza viene movimentato da un arco bombato accostato a un cordone zigzagante, motivo, questo, molto diffuso non solo in Puglia, e che ritroviamo triplicemente richiamato anche nella monofora absidale di questa cattedrale. 4. Il quarto livello si sviluppa su colonnine spezzate al centro dal solito rilievo cuneiforme e terminanti con capitelli dalle volute che intrecciano una coppia di foglie di viti a sinistra e una coppia di corolle a destra; queste a loro volta introducono la fastosa trabeazione della porta scandita da tre teste angeliche o umane (le immagini sono fin troppo eloquenti per indicare lo stato di degrado), e sulle colonnine si ergono tre archi lisci e privi di decorazione che, mentre creano un maggiore senso di profondità e movimento, accolgono e racchiudono la pregevole lunetta. Qui è iscritta su fondo arabescato di corolle e volute gigliacee l’edicoletta, sorretta da colonnine, di cui la destra risulta perduta, con archetti trilobati, punto focale di tutta la scenografia architettonica: la leggibilità è fortemente limitata e compromessa dalla corrosione e dalla brunitura, ma resta indubbia la graziosa raffinatezza scultorea; al centro si staglia la Vergine in trono con Bambino, alla sua destra un santo benedicente e la cui iconografia rinvia a S. Pietro, e alla sinistra una poco decifrabile santa coronata e drappeggiata (S. Caterina?). La Vergine con il Bambino si raccorda con quella iscritta nella lunetta del portale maggiore, titolare della chiesa quale Assunta in cielo, mentre l’apostolo Pietro, che richiama quello del prospetto definisce con l’avvenuta normannizzazione il passaggio del nostro territorio dalla Chiesa bizantina a quella latina; se poi l’altra scultura intende rappresentare la santa d’Alessandria, culto tuttora sentito e festeggiato nel nostro territorio, essa designerebbe l’incancellabile memoria storica della secolare dominazione bizantina. Tutti gli archi infine sono raccordati da una piccola ma doviziosa trabeazione cuneiforme sottesa a una duplice scanalatura, che ripartisce i due livelli di lettura. Ed eccoci finalmente all’epigrafe inedita e mimetizzata che, mimetizzata nella merlettatura scultorea, sfugge se lo sguardo non è particolarmente attento e minuzioso; essa è ripartita in due e si ritrova sull’abaco delle due colonnine del terzo livello: a sinistra, ben leggibile HOC OPUS FECIT; problematica invece è quella di destra a causa della parziale mutilazione della prima lettera: vi leggo una D decurtata in cui è iscritta una A seguita da una C e conclusa con l’abbreviazione finale che interpreto come 9, ossia us; quindi dando valore duplicativo alla prima consonante ne deriva D(id)AC(us) cui segue CO con sovrapposizione del segno abbreviativo e DACI, perciò CO(n)DACI, per cui riepilogando: HOC OPUS FECIT / D(ID)AC(US) CO(N)DACI (“Diego Condaci ha realizzato quest’opera”). Ora che conosciamo il nome, resta da scoprire soprattutto chi sia lo scultore, di dove fosse e in quale altro luogo abbia operato. Si tratta di uno scultore conversanese? Ha realizzato solo questo portale, o la sua mano è ravvisabile forse in qualche misura in altre parti (portale maggiore, i tre laterali, monofora, capitelli interni), per cui questo non rappresenterebbe che l’atto conclusivo finale che egli ha voluto firmare? La ricerca dunque resta aperta e la rilancio agli storici dell’arte medievale meridionale. Intanto sollecito gli uomini di buona volontà all’indispensabile intervento restaurativo non solo di questo ma anche dei rimanenti portali laterali; mi rivolgo agli amministratori della cosa pubblica perché provvedano a creare un’isola di fioriere intorno al tempio (soprattutto sul fianco destro, divenuto parcheggio); invito infine tutti a qualche momento di stupore da cogliere dinanzi a questa raffinata, colta ma trascurata opera d’arte.
Portale laterale sud: Santi Patriarchi (impropriamente identificati nei SS. Cosma e Damiano) Portale laterale nord: Crocifissione con la Vergine sostenuta da Giovanni, Maria di Magdala e Maria di Cleofa Portale laterale nord: Angelo nimbato (che reca nella destra un’edicola analoga alla nostra, e nella sinistra una teca)
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Angelo Fanelli
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