Quale che sia il suo canale espressivo - le parole in versi o in prosa, la musica, la pittura o la scultura o l’architettura, il teatro e il cinema o un’installazione - il compito dell’artista è di cogliere il mistero che attraversa la realtà, esprimerlo e celebrarlo. A chi guarda il mondo superficialmente, esso si presenta solo come materia e forma. Il poeta è invece colui il quale riconosce che in tutte le cose, nell’infinitamente grande come nell’infinitamente piccolo, è racchiuso un mistero, un messaggio di bellezza e di senso. Di fronte ad una cameretta con un misero lettuccio ed una sedia impagliata, l’uomo grossolano vede solo un ambiente modesto, mentre Vincent van Gogh vi riconosce un miracolo di meraviglia e lo ritrae in un capolavoro. Potremmo perciò dire che ogni forma di arte ha qualcosa di religioso.
Ne è un esempio Francesco d’Assisi, il quale nel suo Cantico di Frate Sole considera le creature come portatrici di una rivelazione del Creatore, una parola con cui Dio ci parla di sé. Riferendosi al Sole, il Santo dice che di Dio “porta significa- tione”: per il mistero che racchiude, ogni creatura è in certo senso un sacramento, una realtà invisibile che ci rimanda a Dio invisibile.
Ma lo stesso animo dell’uomo affascinato dal Mistero è un segno con cui Dio ci parla. Nella scia del francescanesimo, Bonaventura da Bagnoregio afferma nel suo Itinerarium mentis in Deum che Dio ci parla attraverso un libro scritto da fuori che è la creazione, un libro scritto da dentro che è l’anima, un libro scritto da fuori e da dentro che è il Signore Gesù. Ecco, è un segno che Dio ci dà di Sé anche l’interiorità umana col suo desiderio di Assoluto, quello stesso da cui il poeta è catturato e si ingegna ad esprimere.
Se tutta l’arte ha dunque qualcosa di sacro, si comprende l’insegnamento di Paolo VI, secondo il quale è la liturgia la meta in cui l’arte deve confluire e dare il meglio di sé. Nel corso dei secoli, il cristianesimo è stato una fondamentale sorgente di committenza per l’arte, anzi la principale, ma anche in modo spontaneo sono numerosi i teologi che hanno sentito il bisogno di lasciare il registro della speculazione ed esprimersi attraverso Inni destinati alla liturgia, come con i loro Inni hanno fatto - per limitarci a due nomi - l’orientale Romano il Melode e l’occidentale Tommaso d’Aquino.
Anche fuori del recinto della liturgia, è ricca la selva della poesia che scaturisce dalla preghiera e dalla mistica. Cito appena il carmelitano Giovanni della Croce, il gesuita Gerald Hopkins, il laico Alessandro Manzoni.
Ma come non riconoscere un anelito di Assoluto anche nei testi di Giacomo Leopardi e di Cesare Pavese, pessimisti sì, ma desiderosi di incontrare una speranza? E dello stesso sentimento non si trova un’eco nel paradosso di Dino Buzzati, che invoca: “Dio che non esisti, io ti prego”?
Un delicato e prezioso contributo alla ricerca di Dio attraverso l’arte è costituito dalla presente raccolta della poetessa Santa Fizzarotti.
Nei suoi versi si incontra lo stupore verso la creazione, dalla minuscola farfalla e dai coloriti fiori alle immense costellazioni. Si incontra il ciclo della Vita e della Morte. Si incontra la grazia delle relazioni e dell’amore fatto di gioie e di ferite. Si incontrano gli altri poeti, fratelli e compagni di viaggio: Dante, Hugo, Pessoa...
Si incontra la Chiesa di Gesù e di Maria, delle Scritture, del Pane e del Vino, degli Angeli e dei Santi. Si incontrano i mistici celebrati come Silesio e Rumi, e le figure umili e quotidiane che ci testimoniano la fede vivendo “nella porta accanto”.
Soprattutto si incontra l’anima dell’Autrice, anima meravigliata e grata, che attraverso i suoi versi ci dice la sua preghiera e il suo amore.
Nella sua ultima intervista, Martin Heidegger affermava che “solo un dio può salvarci”, e che bisogna attenderne e prepararne la venuta pensando e poetando. Viviamo un presente più che mai bisognoso di salvezza, e l’amica Santa Fizzarotti fa parte della schiera di quanti riconoscono e annunciano che un Dio c’è, e attende che ci apriamo alla sua salvezza. I versi della nostra Poetessa ci restituiscono la grazia dell’incanto, ci aprono alla speranza, ci spingono a costruire un mondo più bello e fraterno. Per ognuno di questi versi dobbiamo perciò esserle sinceramente riconoscenti.
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