Fino a un decennio fa a Conversano ascoltare la storia del Monastero di San Benedetto era simile alla lettura di un romanzo o di un libro giallo dalla trama ricca di intrighi, misteri, lotte e tesori nascosti.
Protagoniste principali erano le Badesse e i loro rapporti con i Conti e i Vescovi di Conversano e il Clero di Castellana per le secolari contese che hanno reso famoso il Monastero conosciuto anche con l’appellativo di “Mostrum Apuliae”.
La sensazione era che molti “esperti” parlavano per sentito dire e non per conoscenza diretta dei documenti arricchendo le poche notizie vere con fantasiosi e misteriosi racconti e mettendo in risalto l’operato delle monache con critiche poco positive.
Alla fine del primo decennio del secondo millennio un gruppo di studiosi del Centro Studi “M. e F. Marangelli” e della Sezione Sud-Est Barese delle società di Storia Patria per la Puglia elaborano Un progetto finalizzato allo studio e alla conoscenza del “Tesoro” del Monastero.
L’idea, per una serie di disponibilità ed eventi favorevoli, è stata vincente e ha dato la possibilità “di entrare” nei segreti del Monastero e davanti a tanto splendore si è potuto studiare e conoscere la complessa millenaria storia della comunità monastica di clausura.
Il risultato di tanto studio e lavoro ha dato l’opportunità di realizzare un importante mostra un prezioso catalogo sul “Il Tesoro di San Benedetto”, inaugurata nel dicembre 2016 presso le sale espositive del Castello di Conversano (il tesoro di San Benedetto in Conversano, storia, arte, devozione e vita quotidiana nel Moustrum Apuliae, a cura di V. L ’Abbate, Foggia 2017, pp. 361).
La scoperta di tanta ricchezza ha suscitato la curiosità di capire le fonti finanziarie che hanno garantito, per circa un millennio, il consistente tenore di vita della comunità, considerando la grande mole architettonica del monastero che ospitava un numeroso gruppo di monache, novizie, inservienti, operai e collaboratori esterni, gestiti dalle Badesse alla diretta dipendenza della Santa Sede.
Bisogna considerare la provenienza delle monache, per la gran parte entrate in convento non per vocazione ma per imposizione, da nobili famiglie del luogo che per motivi a tutti noti affidavano le loro proprietà per successione ai primogeniti e obbligavano i restanti figli se maschi alla vita militare (cavalieri) o religiosa, se donne a matrimoni d’interesse o alla vita religiosa. A ognuno comunque veniva riconosciuta una dote.
Questo ci ha portato a capire l’importanza del numero delle monache perché da tale presenza si può risalire alla consistenza di un cospicuo e costante flusso di denaro, di donazioni immobiliari, provenienti dalle “doti”.
Dai documenti risulta che per ognuna di esse che entrava nel monastero la famiglia versava 600 ducati più la dote personale.
Dalla lettura dei verbali della elezione delle badesse abbiamo ricavato il numero delle monache votanti che riportiamo in maniera sintetica (Atti per l’elezione delle badesse, aa. 1504-1903, busta 1, fasc. 1.28):
1638
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votanti n.
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56
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monache
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1642
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“
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61
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“
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1661
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“
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80
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“
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1665
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“
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90
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“
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1750
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“
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47
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“
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Dal 1811 al 1885 il n. delle monache oscilla tra 25 e le 18 unità
Dal 1891 al 1903 il n. delle monache è in declino da 13 a 6 unità.
Altri documenti consultati sono gli annuali bilanci delle entrate e delle spese redatti dai curatori dei beni del monastero e presentati all’approvazione delle badesse.
La scoperta di 16 “Planche” o tavole grafiche realizzate tra il 1844 e il 1846 dall’architetto Leonardo Maurantonio, su incarico della badessa donna Luigia Netti, del rilievo delle proprietà terriere del Monastero. Un lavoro eseguito in scala grafica in palmi napoletani, riproducendo le caratteristiche di ogni singola particella, dalla forma alla coltivazione e alla superficie, di cui risulta l’estensione totale di 4.143 tomoli di Conversano.
E’ sempre emozionante osservare, confrontare e valutare graficamente il ricco patrimonio agrario del Monastero nella prima metà del 1800, nel periodo di lento declino e poco prima della confisca da parte dello Stato, che poco è modificato rispetto ai secoli precedenti.
Perché spendere tante risorse, 1035 ducati, per questo lavoro? A cosa sarebbe servito?
Non conosciamo nessuna motivazione. Possiamo solo ipotizzare l’esigenza di conoscere e meglio governare quanto posseduto, la loro effettiva consistenza e la loro ubicazione nel territorio da Mola di Bari - Cozze a Castellaneta e Martina Franca. (Vedi cartografia a pag. 64).
Le Badesse e le monache, donne di nobili origini e di buona cultura, hanno saputo affidarsi a buoni amministratori, curatori dei beni, a valenti avvocati locali, napoletani e romani per le continue e onerose controversie con i vescovi di Conversano e il clero di Castellana.
Se oggi possiamo ancora ammirare quanto è rimasto del Monastero di San Benedetto, dalla grandiosità e complessità del fabbricato alla bellezza architettonica del campanile d’ingresso, alla originalità e ricchezza decorativa della chiesa, ai chiostri, ai quadri e arredi sacri, al “tesoro” di gioielli devozionali e così via, è perché tanta ricchezza non è stata depauperata ma saggiamente e oculatamente amministrata e custodita.
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