Un saggio di Antonio Fanizzi sul baciamano dovuto alle badesse mitrate di san Benedetto di Conversano Una nuova, preziosa, documentata tessera oggi si somma alle precedenti che hanno già proficuamente tentato di ricostruire la millenaria storia del celebre (e celebrato) monastero di san Benedetto di Conversano. Quest’ultimo tassello ci viene offerto, con l’acribia filologica e documentaria che gli è oramai universalmente riconosciuta, da Antonio Fanizzi: noto quanto benemerito cultore di storia non solo prettamente conversanese. Il contributo cui abbiamo appena accennato è intitolato ‘Baciamano per le badesse di San Benedetto. Storia della cerimonia dal XVI al XIX secolo’ (Tipografia Pineta, Conversano 2017, con illustrazioni a colori fuori testo). Il saggio si propone di ricostruire (sulla scorta di una documentazione in gran parte ancora inedita od anche sin poco utilizzata ma comunque sempre di prima mano) il ben noto (ma mai prima d’ora meglio e più organicamente documentato) solenne rito del baciamano. Dovuto, dai componenti del Capitolo di Terra di Castellana (oggi Castellana Grotte), alle badesse mitrate del rinomato monastero benedettino di Conversano. Come è noto questo omaggio di obbedienza era dovuto, alle badesse, nel corso di una articolata cerimonia: dai sacerdoti del Capitolo della chiesa di Terra di Castellana in quanto, questi ultimi, erano soggetti, in campo ecclesiastico, alle badesse. Infatti i componenti del Capitolo erano tenuti, ogni tre anni (e quindi spesso in occasione dell’elezione della nuova badessa) a recarsi presso il cenobio benedettino e, qui giunti, rendere un omaggio, tutt’altro che formale, alla badessa: “secondo l’antico solito”. Sulla scorta, quindi, della fitta documentazione oggi disponibile Antonio Fanizzi è in grado di ricostruire gran parte delle vicende che risultano essere strettamente connesse al baciamano. E, quindi, è in grado di stabilire che il rito, vero e proprio, del baciamano era preceduto dalla celebrazione di una solenne messa cantata per la quale venivano appositamente ingaggianti, a volte, più di un cantante. È, infatti, documentata, sin anche, la presenza di un ‘soprano’ maschio. E, quindi poi, anche quella di musici. Remunerati dal membri del Capitolo di Terra di Castellana. Dopo la celebrazione della messa cantata -documenta Antonio Fanizzi seguiva l’omaggio, in forma particolarmente spettacolarizzata, ch’era dovuto alla badessa. Per celebrare in maniera particolarmente solenne questo rito, la badessa si era recata presso le grate poste all’ingresso del monastero e, qui giunta, riceva tutti i membri del Capitolo giunti appositamente dalla Terra di Castellana. Per l’occasione la badessa si valeva dell’assistenza di due tra le più autorevoli ed anziane consorelle che erano, fra l’altro, anche incaricate di reggere i simboli del potere vescovile di cui era privilegiata titolare. E, per ciò, una reggeva il pastorale d’argento e l’altra la mitra dorata. Insegne del potere, quasi vescovile, di cui era privilegiata titolare la badessa. Una volta che la badessa s’era assisa su di un trono sovrastato da un baldacchino, riceveva il giuramento di fedeltà e di obbedienza. Infatti tutti i membri del Capitolo di Terra di Castellana erano tenuti a provvedere, singolarmente, e quindi uno dopo l’altro, a baciare la mano destra della badessa. Mano che, per l’occasione, era coperta da un lembo della ‘cocolla grande’. Di colore bianco: secondo l’uso delle monache benedettine. Ma non sempre i componenti del Capitolo hanno accettato pacificamente (nel corso dei secoli) di rendere “secondo l’antico solito” il giuramento di obbedienza dovuto alla badessa - ha modo di far constatare, documentando ogni ricostruzione, Antonio Fanizzi. Infatti Antonio Fanizzi ha modo di provare che il rito del baciamano, agli occhi dei componenti il Capitolo di Terra di Castellana, aveva finito con l’assumeva un carattere che non potevano accettare. Il baciamano, infatti – come viene ricostruito nel “Baciamano per le badesse”, era reso, pubblicamente. E pubblicamente, per di più, nel corso di una solenne manifestazione alla quale (a bella posta) veniva fatto assumere toni particolarmente spettacolari. In quanto proprio questa marcata spettacolarizzazione voleva sottolineare l’atto pubblico di obbedienza. Atto di sudditanza che veniva, quindi, reso dinnanzi ad un pubblico che non era affatto costituito unicamente da religiosi. E, per ciò stesso, il rito si estrinsecava in una, pubblica, manifestazione alla quale partecipavano gli amici e i parenti più influenti delle monache ch’erano ospiti del cenobio benedettino. Parenti ed amici che, ovviamente, erano di particolare riguardo sociale. E che, per ciò (non proprio per un semplice caso) facevano assumere alla spettacolarizzata manifestazione, proprio con la loro presenza, un tono decisamente solenne. E, quindi, indiscutibilmente, fuori dell’ordinario. Dato di fatto che non poteva non essere rilevato (con grande rammarico) dai componenti il Capitolo della chiesa di Terra di Castellana. Infatti nel 1618 in un’annotazione posta a margine del primo foglio del primo volume delle Conclusioni capitolari dello stesso Capitolo (volume attualmente conservato presso l’Archivio della chiesa capitolare di san Leone di Castellana Grotte) viene lasciata la traccia (che indubbiamente si desidera restasse a indelebile futura memoria) di un’esplicita condanna del baciamano. Questa esplicita condanna viene affidata (sia pure in maniera anonima) alla seguente, breve, ma oltremodo significativa annotazione: “Introduzione, abominevole, fatto d’andare tutto il Capitolo al bacio della mano: in occasione che fu eletta badessa donna Caterina Acquaviva de Aragona… Oh vergogna, oh rossore!“. Ci pare evidente (tenuto presente il contesto in cui è stata depositata la postilla) che chi ha stilato l’annotazione in questione si rende autorevole interprete di un diffuso sentire. E questo condanna, in maniera inappellabile, il rito del baciamano. E lo condanna in quanto la stessa serie di cerimonie che precede e quindi completa l’atto del baciamano è ritenuto unicamente sconveniente. Addirittura proprio sconveniente perché coinvolge, in prima persona, dei preti (e, anzitutto, dei maschi) che son tenuti a rendere atto di obbedienza ai piedi di una donna. Pur se la donna cui si deve lo sconveniente omaggio ecclesiastico è, a tutti gli effetti, considerata, ma dalla chiesa di Roma che ha elargito il beneficio, pari quasi ad un vescovo. E del vescovo, quindi, gode di gran parte delle prerogative che non avevano valenze esclusivamente religiose in quanto le badesse sommavano, al dato di fatto, non certo affatto insignificante, di essere ‘vescovi’ della chiesa di Terra di Castellana anche quello di essere, nello steso tempo, le feudatarie della stessa Terra di Castellana. Si tenga, inoltre, conto, sempre a proposito del risentimento di dei preti della Chiesa di Terra di Castellana, che (immediatamente dopo la celebrazione del rito del baciamano) uno dei rappresentanti dello stesso Capitolo, appositamente delegato, consegnava, brevi manu, all’economa del monastero: le decime e gli altri diritti dovuti al monastero. Altro significativo dato che Antonio Fanizzi ha avuto modo di stabilire. in tutto il suo specifico rilievo, è che tutto quanto accadeva, nel corso della stessa solenne manifestazione del baciamano, ci è stato (puntualmente) tramandato da una serie di rogiti notarili che son stati fatti redigere, appositamente, su incarico della badessa, proprio in occasione dei vari baciamano che si son perpetuati nel corso dei secoli. Nel corso del tempo, infatti, questa prassi (sia del rito del baciamano quanto della stessa conseguente redazione dello ‘istrumento’ notarile che ne registrava, e quindi al tempo stesso ne certificava, l’avvenuta celebrazione) si è tanto consolidata che è, quindi, proprio grazie a questo ultimo escamotage legale che, oggi, Antonio Fanizzi è stato in grado di ricostruire, sin anche nei dettagli più minuti, la serie di solenni manifestazioni che precedevano e quindi concludevano le articolate fasi della cerimonia del ‘baciamo’. Questa ripetizione (solenne) di un solenne rito che si ripete, nel corso di centinaia di anni, in sostanza viene celebrato, di fatto, allo scopo di riconfermare (pubblicamente) il potere ecclesiastico, quasi vescovile, di cui godevano le badesse benedettine. Va tenuto, altresì, presente che (sempre a proposito della cerimonia, cui si è più volte accennato) si avevano, prima della monografia che gli ha dedicato Antonio Fanizzi, quasi unicamente dei cenni. Ma non si aveva, per ciò, a disposizione la somma di preziose ricostruzioni, storicamente attendibili, che la monografia che gli ha dedicato oggi ci mette a disposizione. Ricostruzione che si vale delle fonti (rinvenute, anche di recente, nell’Archivio Statale di Bari e negli archivi religiosi di Castellana Grotte e del monastero delle benedettine di Conversano) che vengono, opportunamente, utilizzate per offrirci una serie di riuscite istantanee che, per ciò, catturano l’essenza stessa delle cerimonie che si svolgevano prima e a conclusione del rito del baciamano. E, per ciò stesso, ci mettono nella fortunata condizione di cogliere quasi tutte le non affatto modeste implicazioni che se ne possono trarre. La ricostruzione della ‘Storia della cerimonia del baciamano’ si vale (anche questo modesto dato va sottolineato) non solo di una documentazione di prima mano quanto poi anche di un gruppo di funzionali illustrazioni (son dovute all’universitaria Annarita Fanizzi) che son anch’esse in gran parte inedite o particolarmente significative. E che, comunque, permettono di dotare il volumetto della ‘Storia della cerimonia del baciamano’ di un apparato iconografico di prim’ordine che, fra l’altro, ha anche il pregio di non risultare, poi per nulla, esornativo. In appendice a ‘Baciamano per le badesse’ è poi utilmente riportato l’«Elenco delle badesse» che si sono succedute nel governo delle fortune del cenobio benedettino conversanese. E quest’altro tassello (quanto mai indispensabile per ricostruire la storia del cenobio benedettino sulla scorta di dati storicamente accertati) ha il pregio di essere l’«elenco delle badesse» più aggiornato che si ha ora a disposizione. Poi è inoltre anche riportata (sia pure affidata ad una breve nota, ma che documenta quanto sostiene) la storia della fortuna delle ricostruzioni che hanno avuto come loro precipuo oggetto proprio la corretta ricostruzione dell’elenco delle badesse cui si è, poco prima, accennato. Alla storia della fortuna cui ci siamo appena riferiti vien poi fatta seguire (ulteriore, ineludibile postilla) una precisazione che afferisce all’esatta grafia del nome della badessa che ha retto, per prima, il monastero benedettino di Conversano una volta che giunge sulle coste della Puglia profuga da Bisanzio in fiamme: per la guerra iconoclasta che vi era stata scatenata. Il nome della stessa, prima badessa (ha modo di ribattere Antonio Fanizzi) si deve intendere, correttamente, scritto come: ‘Dametta’. E non ‘Dameta’, quanto poi neppure: come ‘Dameta Paleologo’. Per altro come aveva, già in passato, accertato Marco Lanera, in un suo noto saggio dedicato, per l’appunto, a ricostruire la storia di San Benedetto. Monografia che, come è ampiamente noto, oramai è considerata un vero e proprio classico cui quindi non si può più non fare riferimento: quando si intende trattare, con reale cognizione di causa, della storia del più celebre monastero di Conversano. Insomma in Baciamano per le badesse di San Benedetto vi sono ricostruite (con mano sicura) le vicende (a volte sin anche piuttosto problematiche) che hanno interessato (pur con risvolti imprevedibili) i baciamano dovuti alle badesse di Conversano. Baciamano che non sempre, quindi, si son svolti in maniera ortodossa. E, comunque, come avrebbero preteso le benedettine di Conversano: “secondo il solito”. Infatti come ricostruisce, con notevole abilità argomentativa, Antonio Fanizzi, le articolate vicende legate al baciamano, dovuto al «vescovo» di Terra di Castellana, si son dovute rispettare (spesso sin anche giocoforza) dal 1266 a tutto il 1810. Pur se tra controversie e contrasti (non sempre risolti come reclamavano i contendenti). Infatti i due fronti contrapposti (come è possibile documentare) non hanno lesinato (in questa disputa, di fatto guerreggiata senza risparmio) ogni genere di impegno. E, per ciò, si sono adoperati per mettere in atto ogni escamotage volto a conseguire, con successo, quanto perseguivano. Pur se, in sostanza, come stabilisce Antonio Fanizzi, finirono per avere (quasi sempre) la meglio le badesse del monastero di Conversano. Badesse che (con la difesa delle prerogative quasi vescovili che erano state loro concesse) provvedevano, innanzi tutto, a consolidare il potere spirituale che era stato loro riconosciuto. E, nello stesso tempo, si preoccupavano anche (se non principalmente) di difendere, davvero energicamente, la stessa ragione della loro mera esistenza. Della loro esistenza proprio come illustre istituzione monastica. Istituzione che, altrimenti, nel corso del tempo, sarebbe stata ben diversamente celebrata come poi, in effetti, hanno potuto tutti coloro che ne hanno tracciata la non certo affatto modesta storia. In effetti le badesse del monastero conversanese hanno anche mirato (spesso anche in maniera preminente) a consolidare la stessa fortuna (economico-sociale) del monastero che era stato affidato alle loro cure. Dato che si è realizzato conseguendo risultati tutt’altro che modesti. E che sono stati conseguiti (in gran parte) grazie proprio all’illustre, convincente presenza che aveva assunto, nel corso del tempo, il monastero. Illustre presenza, tra le istituzioni religiose non unicamente di Terra di Bari, che ha (quasi sempre) riconsolidato: nel tempo. Avvenimenti che, a loro volta, si son rivelati determinanti per condizionare (nel bene come nel male) anche episodi di natura e valenze diverse. E che, comunque, hanno determinato la fortuna stessa, nel corso dei secoli, del monastero. Cenobio che, fra l’altro, non è stato avvertito unicamente come una mera istituzione religiosa. In quanto chi ne ha retto le sorti ha svolto pure un non affatto modesto compito nel promuovere (anche) le arti visive in Conversano. Come, per altro, dimostra (in maniera precipua) la presenza (non affatto casuale) sull’altare maggiore della chiesa di san Benedetto, di uno dei maggiori risultati pittorici conseguiti da Paolo Finoglio. Ci riferiamo alla grande pala di altare dedicata a ‘I santi Benedetto e Biagio’. Al termine di questa recensione, che solo in parte ha provveduto a segnalare quanto di eccellente vi è da lodare, non possiamo non segnalare alcune mende che sia pur solo in parte inficiano il pregevole lavoro che ci consegna Antonio Fanizzi. Infatti non possiamo proprio fare a meno di segnalare che è un vero e proprio peccato che, in un pur così pregevole contributo, si debba registrare l’assenza di un ‘indice dei nomi’. In un testo di genere saggistico – non possiamo fare a meno di ripeterlo per l’ennesima volta - la mancanza di un ‘indice dei nomi’ fa, infatti, correre l’alea, tutt’altro che improbabile, di non essere letti. Quindi segnalare la mancanza, anch’essa incomprensibile, della riproduzione di tutti gli atti (notarili e non) che sono stati reperiti negli archivi di Bari, Castellana Grotte e di Conversano. Documenti che sono citati a supporto delle esemplari ricostruzioni che sono fornite nel corpo della ‘Storia della cerimonia del baciamano per le badesse di San Benedetto’. Poi anche condannare l’assenza stessa dell’elenco delle illustrazioni che son riportate nel contributo. E che quindi del contributo fanno parte non affatto esornativa. Quindi l’assenza stessa di un glossario dei termini desueti utilizzati, più di frequente, nel corso del saggio. Ed infine la mancanza di un indice delle cose notevoli che si intendevano far rilevare anche al lettore meno provveduto. Abbiamo tenuto a segnalare, in particolar modo, quanto appena sottolineato con rammarico: perché se si operano (sia pure ob torto collo) le scelte che si son fatte in ‘Baciamano per le badesse di San Benedetto’ si finisce con l’operare con lo stesso (condannabile) pressapochismo che caratterizza, quasi abitualmente, l’operato, di fatto quindi particolarmente discutibile, dei tanti storici locali che s’improvvisano, per l’appunto, come storici della domenica. Concludendo (e per essere particolarmente chiari) si deve sempre dedicare anche agli apparati paratestuali (e cioè a tutto ciò che sta intorno ed è in funzione di un testo) lo stesso scrupolo che si dedica ai testi ed alle medesime note poste a piè di pagina che, quindi, costituiscono la sostanza prima di un contributo scientifico.
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