Introduzione
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Quando nel mese di novembre del 1815 incominciò a diffondersi nel Regno di Napoli la notizia di un attacco di peste in Puglia, e precisamente nella città di Noja, al governo del regno era da poco ritornato Ferdinando IV di Borbone. Per meglio capire il comportamento delle autorità politiche e scientifiche dell’epoca di fronte a questo raccapricciante evento, oggi a distanza di tanti anni e in un clima di più serena obiettività, si può affermare che il Re Borbone intervenne in modo decisivo per la soluzione ottimale del problema, anche se certa pseudo storia risorgimentale ha sempre fatto credere ai nojani il contrario. Ferdinando IV, detto il Re Lazzarone, aveva molto a cuore il suo regno. Infatti brevemente possiamo ricordare come nei primi anni del suo mandato, si sia prodigato per favorire la cultura e l’economia, portando il Regno di Napoli al pari dei più ricchi reami d’Europa.
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Nel 1778 aveva trasferito nel Palazzo Reale la fabbrica di arazzi napoletani, nel 1779 fondò la manifattura di S. Leucio, vicino a Caserta. E negli stessi anni aveva attivato a Castellammare di Stabia quel famoso cantiere navale che il ministro Tremonti oggi vuol chiudere. E sono da ricordare anche gli scavi per recuperare Pompei ed Ercolano. Napoli, diventata capitale culturale ed economica dell’Italia, con 400 mila abitanti era la città più popolosa ma anche più bella della penisola. Allora quando la notizia dell’epidemia raggiunse la corte, il Re immediatamente attivò una serie di misure, consigliato anche dal suo illuminato ministro Luigi Medici, inviando una commissione sanitaria, facendo intervenire l’esercito
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recintando la città di Noja per bloccare il contagio, isolando l’intera regione per salvare il suo regno. Oggi si può dire che questa politica, nel passato giudicata dagli storici repressiva ed ingiusta per la nostra città, sia stata molto lungimirante perché grazie alle rigide misure di profilassi e di prevenzione, Noja fu salvata dalla completa distruzione: alla fine del contagio si contarono quasi 800 morti su una popolazione di 5000 abitanti. Onerosa fu la spesa per l’erario statale borbonico: oltre 12 milioni di ducati ! E così per meglio intendere i tragici fatti di quell’evento accaduto circa duecento anni fa, nelle pagine seguenti ho trascritto brani tratti dai libri di scrittori considerati importanti per la storia della peste di Noja: il dott. Arcangelo D’Onofrio, Vitangelo Morea e Sebastiano Tagarelli. In particolar modo mi sono soffermato sul Dettaglio Istorico della Peste di Noja, relazione pubblicata dal capo della Reale Commissione Medica dott. Arcangelo D’Onofrio, nel 1817. Và detto che l’opera non ha avuto nel tempo grande fortuna per diversi motivi: fu accusata di partigianeria e di falsità nella descrizione dei fatti accaduti, ma personalmente ritengo che tutte le fonti contengano una parte di verità e quindi per questo degne di essere considerate. Il presente lavoro si arricchisce di fotografie che ritraggono i luoghi del contagio e cercano di ricostruire le modalità della cura. Per la prima volta appaiono, grazie alla disponibilità dei Padri Agostiniani della Madonna della Lama, le foto della cripta del vecchio cimitero della chiesa dove furono sepolti i primi 42 morti di peste.
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Vito Didonna
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