“Studio 5” compie, in questo settembre 2004, trent’anni: i suoi primi trent’anni di vita. Sono stati per il suo fondatore, Donato Pace, trent’anni d’instancabile attività volti non solo a far affermare la sua creatura quanto poi pure sono stati dedicati (con successo non certo sempre modesto) ma a far maturare una coscienza pittorica tra i membri più sensibili della nostra comunità. Sono poi nondimeno stati, per chi dirige “Studio 5“, questi trent’anni -che vanno dal 1974 ad oggi - non sempre facili. Non semplici, perchè nel Sud (e in particolar modo in un borgo del Sud Est barese) nessun’altra istituzione culturale (non pubblica - lo si tenga presente - per valutare appieno la longevità della “galleria” di via Lamberti, la cui vitalità supera di gran lunga le media della vita di ben più accorsate gallerie d’arte nazionali) nessun’altra istituzione conversanese (di fatto pure formativa: com’è una galleria d’arte) ha mai avuto la medesima costanza, abilità e assennatezza nell’aver ragione delle avversità e per ciò altrettanta meritata fortuna nel catturare tanti estimatori e poi tanti altri clienti. Nessun altro, infatti, prima di Donato Pace, il titolare della galleria di Via Monsignor Lamberti 5, ha mai avuto prima di lui la spregiudicata risolutezza di misurarsi in una impresa che poteva parere donchisciottesca solo a chi non conosceva la passione che dominava Donato Pace: un amore sincero e travolgente per le arti visive e i suoi operatori: siano essi stati celebrità nazionali o, al contrario, dei semplici, ma entusiasti pittori della domenica. Questi primi trent’anni dello “Studio 5” sono stati, naturalmente, anni di non sempre facile vita, ma sono sempre stati densi di soddisfazioni che, poi, sono quelle che realmente hanno gratificano Donato Pace, più che non gli stessi successi economici che sono seguiti ma una volta superate le avversità che pur deve saper sconfiggere un mercante d’arte. E questo è stato possibile perchè Donato Pace ha sempre avuto la meglio (su ogni genere di traversia) grazie alla tenacia tipica del conversanese che conscio dei propri mezzi sa per ciò valorizzare la propria naturale predisposizione e con questa le sue stesse competenze professionali che quindi gli permettono di realizzare quanto poteva parere un sogno che, invece, già compie i suoi primi trent’anni di non modesta vita. Una ricorrenza celebrativa (qual è quella che festeggia i primi trent’anni di vita di una galleria d’arte) quanto più è significativa tanto più cela, tra le sue pieghe qualcosa di malinconico: proprio per la sua intrinseca natura. Occulta il tempo, che pur non è passato inutilmente, ma che pur, momentaneamente, sconfitto si riprende poi subito dopo la sua rivincita e di fatto vince: perché consacra una istituzione che per rivivere deve superare le forche caudine dalla spicciola cronaca cittadina per poi passare agli annali che registrano gli avvenimenti di rilievo di una comunità. E così avviene naturaliter che una pur lieta consacrazione è in po’ come una dolce morte. Infatti si celebra una ricorrenza (di una istituzione cittadina, pubblica o privata, e quindi se ne sottolinea la loro rappresentatività significativa in seno ad una comunità) quando una istituzione, consegnata agli annali cittadini, corre il rischio di mummificarsi proprio nello stesso momento in cui se ne celebrano le qualità rilevanti. E questo perché celebrare è molto vicino a commemorare. Ma “Studio 5” (e naturalmente chi lo dirige con tanta misurata passione) raggiunge - in questo settembre 2004 - solo un suo primo traguardo, sia pur non modesto. Quindi non è affatto il suo ultimo obiettivo e per ciò stesso non core il rischio di essere imbalsamata: anche se la si celebra. Infatti proprio la ricorrenza celebrativa dei primi trent’anni di “Studio 5” ci pare che non si possa considerare una commemorazione in quanto si deve considerare il primo trampolino per realizzare di ben più invidiabili programmi. Ci pare, infatti, che - proprio partendo da questo suo primo pur ambito ma provvisorio traguardo (i suoi primi trent’anni di vita) “Studio 5 “ si apra a nuove e più feconde iniziative. Si ripropone, infatti, con progetti (forieri di ancor più significati successi) che lo indicano come partner tecnico privilegiato di sponsor privati interessati, come lo è appunto “Studio 5”, alle affascinanti vicissitudini dell’arte moderna. L’ultima, ma già sperimentata esperienza su questo ultimo versante, ci pare la partnerschip, già felicemente collaudata, tra la direzione della “Corte Altavilla” e “Studio 5”. E, quindi, tra un nostro mercante d’arte ed un altrettanto intraprendente nostro operatore turistico. E chi conosce il volitivo, sagace e attivo impegno di Donato Pace sa di fare, in proposito, una facile profezia. Infatti nell’attuale congiuntura politoco-economica (quando il mecenatismo delle istituzioni pubbliche diviene sempre più aleatorio) un imprenditore di cultura (quale è per l’appunto anche un mercante d’arte), per conservare la sua autonomia operativa, deve saper contare sulla sua inventiva e quindi sulla sua capacità di tentare vie prima seminesplorate. Deve, in sostanza, valersi dei successi e dei provvisori traguardi raggiunti e della sua competenza specifica per conquistarsi quegli sponsor privati che condividono i suoi precipui interessi e che, per ciò, gli possono facilitare la navigazione, non sempre agevole, in quella affascinante giungla ch’è tuttavia il mercato delle arti visive. Noi, quindi, non possiamo che unirci -nella circostanza celebrativa dei primi tren’anni di vita di “Studio 5” - ai mille altri “in bocca al lupo” che perverranno, dai tanti altri suoi estimatori, a Donato Pace, che è il deus «ex machina» di “Studio 5”.
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