versi ... Caro Donato, mi hai chiesto di darti una "Presentazione" per il tuo libro di poesie, che ostinatamente hai deciso di pubblicare. Un libro composto a due facce: l'una vivace di accattivante immediatezza, resa con la serie delle immagini dense dei tuoi dipinti; l'altra più consueta, da assaporare con i testi radi come gli affetti veri. Non so se ti interessa maggiormente fornire una base meditativa a corredo per le riproduzioni dei dipinti, oppure se hai volutamente giocato con i tuoi contrappunti di quieti paesaggi a bilanciare pensieri, moti dell'anima, riflessi e riflessioni sulla vita. Mi lasciasti parte dei testi in estate, forse più inquieto che incerto: sentii che volevi scoprirti a un amico prima di consegnarti al giudizio di un pubblico estraneo, intuivo che era la prima forzatura a te stesso per portare fuori ciò che avevi deciso non dovesse rimanere nascosto. Chiedevi, credo, conferma ad una scelta già fatta. La produzione è intanto cresciuta, la decisione è presa: poesie e immagini escono legate a comporre un nuovo quadro, che delinea figure ed orizzonti e descrive te solo. Quello che forse allora non dissi, che ora la pagina scritta aiuta a chiarire e tracciare è però ancora il discorso dell'amico - appunto questa lettera che già allora avrei potuto indirizzarti - non una studiata e formale "presentazione" ad uso di critica letteraria. Tu sei forse un poeta (anzi, al ruolo dell'artista-poeta stai lasciando più spazio, prendendolo a quello solitamente riservato agli impegni professionali e didattici), io certo non rivesto i panni né m'improvviso acrobatico e acuto censore. Quello di cui scrivo è il tracciato dei sentimenti, suscitati dall'empito dei tuoi affanni. E difficile, credo, svestire gli atteggiamenti abituali dettati dal rapporto personale, per trovarsi a leggere da "tecnico" e provarsi a dipanare il percorso sentimentale e il nucleo logico e il carico delle esperienze di vita che insieme costituiscono l'intreccio di queste tue "Oscillazioni". E non si tratta di seguire percorsi culturali, e in particolare letterari, giacché quello che mi preme è capire i tuoi pensieri, cogliere le attese e le inquietudini che animano le tue giornate, riscontrare i temi in cui si condensa la tua "concezione di vita". Ecco, adesso che le scrivo, queste considerazioni mi appaiono già la tradizionale traccia di un articolato sviluppo di analisi testuale, e invece a me interessa qui conversare con te, vedere di capire e di "sentire" la realtà del tuo "io". Cerco, dunque, di scoprire i temi centrali che guidano e in cui s'incanalano i tuoi pensieri: dare consapevolezza piena alla propria esistenza, "conoscere il senso di tutto".
Rileggo una poesia, Polignano, che mette a fuoco un emblematico paesaggio, su sui scorre l'esperienza di una vita: "Mi è sfuggito il pensiero / dall'ispida scogliera / tra i riflessi del sole / nascente sul mare / e gli incerti sogni / di magiche case assonnate / sospese a dirupi. / Ho provato / la freschezza dell'onda / come barca oscillante in cerca di rotta / fra lidi della giovinezza andata / e visi insistenti che solcano la mente. / Non pescatore di frodo; / sono inquieto navigante che rema / nella chiara luce del giorno / inseguendo il senso oscuro / della vita. ". Qui l'ispida scogliera con i suoi scoscesi dirupi a cui s'aggrappano magiche case sognanti, quasi scorcio pittorico concreto, reca immediata l'immagine di uno spazio sul quale si muove a fatica l'umana vicenda; e la barca che superata la quiete dell'insenatura si azzarda agli aperti marosi, richiama lo sforzo che dopo lo slancio dei giovanili entusiasmi siamo chiamati ad affrontare, sempre oscillanti nei nostri tentativi di dare chiarezza e direzione univoche al quotidiano procedere. Hai ragione, Donato, ognuno di noi è un ''inquieto navigante" affannato a dipanare "il senso oscuro della vita". Che ci rimane, dunque, oltre la consolazione di un'alba serena sullo sconfinato orizzonte marino? Ci preme dentro, come tu dici in questa bella poesia, il desiderio di "colmare gli occhi", il bisogno di "acquietare il cuore". E mi pare che tu - in ciò coerente e fortunato - ci riesci bene: riesci ad immergerti nella natura, ad acquietare lì i tuoi pensieri, a portarne i riflessi nei tuoi dipinti ora evocativi e malinconici, ora sospesi e quasi sognanti; riesci a coltivare le tue passioni, che certo sono affanno e peso delle tue giornate, ma innanzi tutto rappresentano vibrazioni e ricchezza d'animo, zucchero e sale e tormento della vita. L'inquietudine del vivere. L'ho ritrovata, come una costante, insinuarsi in quasi tutti i componimenti: in quelli in cui più espliciti sono gli interrogativi sul senso profondo delle cose (Orizzonte lontano, Si spegne l'eco...), negli altri nei quali aspirazioni e desideri accendono malinconie e animano inattesi furori (Misura, In rosso, ...), e ancora nel folto gruppo dei versi dedicati ai forti "moti del cuore" (Aspirazioni, Una vita, Momento d'addio, Per te, per me, per noi). Semplice e immediato il desiderio: "Vorrei / non essere inquieto / e conoscere il senso di tutto"; eppure l'inquietudine s'insinua nelle notti insonni, accresce l'ansia di sempre, s'impossessa persino della memoria. Inquietudine e dubbio, suo degno alleato, aggiungono affanno ad affanno, spesso travolgono e mente e cuore, togliendo "spazio alla luce ".(Come vedi, uso tra virgolette le tue efficaci espressioni, prese qua e là, che bene rendono i concetti ed i sentimenti che li guidano. Anche questo mi piace della tua poesia: la capacità di afferrare immagini e sensazioni quasi recuperandole dalle circostanze e dall'urgenza del quotidiano). La vita - vuoto turbinio, giostra che non s'arresta - ci porterà forse ad un "temuto naufragio "? Lo so, questo pensiero non ha grandi ostacoli a farsi strada, in questa routine che tutti ci accomuna, in quel tuo vorticare di sogni, di illusioni, di "pensieri nel vento". Inquietudine, disincanto e solitudine: la tua scena è spoglia, il paesaggio è tutt'altro che rasserenato. Mi pare di poter leggere così, con il supporto di queste tue riflessioni, anche quei dipinti, quei paesaggi senza luce solare, vuoti di umana animazione, che tante volte hai inondato di una soffusa e incerta atmosfera: una illusione di realtà? un'attesa lieve, un'eco di "cose mancanti"? Ma per fortuna la vita è più ricca e complessa di quanto la ragione è disposta a riconoscere, va ben oltre il trascorrere meccanico del giorno dopo giorno. "Non c'è /grigio orizzonte /per chi sa guardare lontano": è un sollievo questo passaggio. E si accompagna ad un invito che lancia una tenue e pur importante speranza: "Animo buio, profondo come cielo, / riaccendi il lume della vita, / anche se fioco e con ragioni in meno. " Amico mio, vedo con piacere che non siamo alla resa. Dinanzi alle debolezze della ragione, il cuore non si arresta ma si apre a più "lievi pensieri". Sono pensieri nel vento, sono sospiri, sono sorrisi, sono desideri, gioia e ...illusione. Si riaccende - in queste poesie di dialogo, a volte brusco, a volte consolatorio, a volte e ripetutamente in cerca di gioia di vivere - il bisogno di sentimenti puri e forti, di un amore totale. Non fai intravedere l'oggetto del desiderio, solo ne fai indovinare la essenzialità, la profondità in cui perdersi: "Mi tufferò / nei tuoi occhi profondi / e sarà d'angelo un volo" (Aspirazioni,). Slanci e sussulti, fremiti e tenerezze, sospiri e delusioni sembrano dare corpo a questa figura, e mi piace vederla anche in grado di donarti un affetto vero, un amore sia pure tormentato. Infatti, come non essere grati a chi spegne l'amarezza e il dolore dell'anima, a chi ridà vita ad un cuore inaridito, come l'acqua a lungo attesa rinverdisce gli ispidi sterpi aggrappati ad un arido solco di lama? (Misura,). Eppure, troppo spesso la scena sfuma nel sogno ("Fantasmi in sogno / ombre in continua fuga, / incompiute aspirazioni notturne"), al sentimento d'amore si affiancano ricordi e pensieri, e di "lei" rimane più un'ombra riflessa che il corpo o le forme concrete, più le pene le rinunce gli assilli che il calore di una carezza. "Strane simmetrie": immagino anche - ma lo suppongo soltanto - che, forse, l'amore sognato non è che un pretesto, è il bisogno dell'amica con cui colloquiare, è ricorrere ad una valvola di fuga dall'ansia e dalla routine che tanto ti opprimono. Ma no! Il sentimento è vero, e ti prende totalmente ("Grazie, / per prendermi la mente e il cuore. / Grazie, / che mi ristori nel pianto."). Quasi la vedo fisicamente questa figura (Mi sveglierò..., Vorrei parlarti..., lo ci sarò...,), che ha suscitato aspre battaglie, ha acceso intense passioni e vane speranze, che ti ha coinvolto in una guerra avvincente, ed ha tracciato sentieri in cui vi ritrovate "vaghi viandanti /più che diligenti pellegrini d'amore" (Per te, per me, per noi,). Ma continuo è poi il richiamo a non farsi travolgere dalle illusioni, a non dimenticare che amore è insieme tormento, a non nascondere ipercorsi della mente. Come è complicata questa nostra vita... che non sa liberarsi dalla trama dei pensieri! Come te, caro amico, un "guscio impenetrabile" racchiude ormai ognuno di noi. E tutto ormai non è che un sovrapporsi di contraddizioni, un continuo tendere fuori dei limiti e dei confini, un insopprimibile bisogno di dense emozioni. Anch'io ripeto con te: "non è la trasgressione che chiama, / ma voglia di legare / ad ogni istante l'anima" (Una vita,); non è sfida all'esistenza, ma consapevolezza di dover "vivere col fuoco". Per questo, caro amico, il tormento s'accresce; e tuttavia impossibile è per noi rinunciare a quei momenti intensi della vita - non importa se intessuti di gioia o dolore o illusione-giacché sappiamo che il patire è umano, ma ciò che resta è ignoto e insignificante. "Quale misura, amica mia?" - "Come frenare la vertigine crescente / che non fa capire?". Insomma, se non ho inteso male, i tuoi pensieri seguono questo percorso: allo stato di ansia e inquietudine aprono spiragli di luce - forse anche di gioia - i moti del cuore; però al bisogno d'amore ("Misera cosa la vita / senza ventate di freschezza") si accompagnano le ineludibili domande della ragione; agli slanci del cuore segue l'amarezza del risveglio (Una vita, Misura, Vorrei parlarti..., Risveglio,). Quale via d'uscita ci rimane? Solo l'eccesso dell'abbandono. Non esiste per questo una "misura": c'è solo la pienezza del vivere intenso, c'è l'ebbrezza di "legare ad ogni istante l'anima". In questo modo soltanto possiamo realizzarci, mentre aldilà dell'immediatezza dei sentimenti rimane o la falsità del compromesso o il tentativo dell'equilibrio. Perciò, mi riconosco in pieno in quelle tue Oscillazioni; Non deprecare
le oscillazioni del cuore. Che senso in un equilibrio se non la fatica che chiede? Piatti allineati di bilancia e bracci inoscillanti misurano l'inerzia della vita. Una quotidiana guerra ci trascina, tra dubbi e assilli, tra oscillazioni estreme in cui si disperdono aspirazioni e illusioni: si scopre il senso di piccole cose catturate nelle brevi pause della "quotidiana rissa" (Tregua,), si finisce col riconoscere di essere "straniero a se stesso". Perciò il cuore e la ragione insistono ad interrogarsi e persino corrono, in segno di resa e di smarrimento, a chi saprebbero almeno comprendere le nostre pene (Come son fatto, dimmelo tu, madre; Voglio parlar con Te, Padre mio,). In conclusione? Credo che questa tua prima produzione poetica, caro Donato, si sviluppi tutta sulla base di esperienze dirette e personali, nelle quali si addensa il cumulo delle sensazioni e dalle quali scaturisce la realtà di una tua "legge interiore". Le persone con cui entri in relazione, le circostanze della tua giornata esercitano un'influenza che, da un lato, plasmano il tuo animo schietto e consapevole, dall'altro lo spingono verso una ricerca di armonia, di equilibri perduti, di vagheggiamenti e sentimenti, insomma verso la speranza di un respiro consolatorio che il cuore si aspetta, che un animo sensibile si merita, ma che nella vita purtroppo si affievolisce di ora in ora. L'artista-poeta - lo dico con grande sincerità - ha la fortuna di reagire con un suo ritmo, con la sua legge interiore, con il suo linguaggio creativo alle prove della vita, ed ha la capacità di recuperare, talvolta, motivi di giustificazione allo scorrere degli avvenimenti, cioè alla crisi irrisolubile della nostra società "moderna". Non sembri un'esagerazione né uno spostamento del discorso su temi generali e troppo grandi: la crisi dell'individuo è nella crisi della società, è nelle contraddizioni di un sistema di vita che sembra avviarsi al collasso. L'uomo, responsabile delle aberrazioni che egli stesso alimenta aH'interno della società, refrattario ormai ai valori tradizionali e assoluti, trascinato da troppe ed opposte "operazioni culturali", si è forse abituato alla sparizione sistematica di valori etici universali: si affanna ad arrampicarsi su provvisorie e fragili costruzioni. Stiamo perdendo il senso della Storia e degli ideali traguardi, che ci limitiamo a registrare con intellettuale freddezza, mentre viviamo nella prassi della cronaca: questa cronaca frammentata, semplice e dura, incessante, complessa e contraddittoria, e soprattutto incomprensibile e dolorosa, questa cronaca che ci travolge tutti. Pessimismo, inguaribile compagnia della mente, e sofferta ironia sul ruolo che ci siamo ritagliato (o ci è stato assegnato) nella quotidiana guerra dell'esistere? Ragionata malinconia. Questo ci rimane, quando ci si affida alla consolazione di un naturalismo semplice, istintivo, sentimentale. E mi fermo qui, senza tentare altre risposte. Come vedi, nelle tue poesie non vi ho letto le tracce della Letteratura, ma ho inseguito i percorsi del cuore. Se un clima poetico vi avessi voluto cercare, credo che il richiamo più immediato sarebbe stato con i crepuscolari. Quei poeti ti sono certo ben noti: più che a Covoni e Palazzeschi per cui ogni disperazione e turbamento si smorza nella malinconia e nel grottesco, penso a Sergio Corazzini, alle sue "povere tristezze comuni", alle gioie semplici e ai flebili accenti del suo mondo poetico (anzi egli con piena coscienza critica proclamava l'impossibilità di esser detto "poeta"); e poi soprattutto penso a Camillo Sbarbaro e Clemente Rebora (poeti vociani) la cui tensione morale e la convulsa problematica esistenziale inclinano ad esiti espressionistici. Ma non è dell'incasellamento in uno dei tanti "ismi" in cui si frantuma l'odierno orizzonte letterario o artistico che ha bisogno il tuo mondo interiore, per essere meglio compreso oppure - quasi tu volessi entrare negli ispidi agoni letterari - per essere intellettualisticamente apprezzato. Non è di letteratura che voglio parlare, né cerco confronti da intessere con la sapienza e la furbizia del mestierante. Il mio discorso rimane quello semplice dell'amico... Il tuo mondo "domestico e sentimentale" certo non smorzerà la sua voce e tu non rinuncerai alla "ricerca" e all'espressione. Perciò io e chi ti avrà letto in questo tuo lavoro d'ora in poi non cesseremo di chiedertene ancora. Tu non divenire avaro e non mettere la sordina all'urgenza del cuore. La nostra trincea è l'abituale cammino di ogni giorno.
tuo Vito
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