L’occasione - creata da una conversazione con il Prof. Cosimo Damiano Fonseca che, una volta di più, mi ha suscitato incontri con tematiche e ricerche di feconde prospettive - di poter conoscere lo studio di Nicola Montesano si è rivelata davvero stimolante.
Per uno studioso della letteratura agiograflca e delle ricche e complesse relazioni tra il culto dei santi, le devozioni, le pratiche religiose, l’identità e la storia delle comunità, le ricerche presentate in questo volume hanno costituito una pregnante - e piacevole - scoperta.
Nicola Montesano, tra l’altro vice-presidente e responsabile dell’area centro sud della Associazione italiana san Rocco di Montpellier, ha infatti condensato in questo testo una matura consuetudine con lo studio della figura di san Rocco - dai contorni incerti e davvero esili - e soprattutto della fortuna del suo culto e delle tracce della speciale e diffusissima devozione nei suoi confronti - queste sì provviste di connotati longevi e vigorosi.
Nella prefazione viene messo in evidenza come, nonostante nelle testimonianze agiografiche non risulti che il pellegrino taumaturgo francese sia mai sceso sotto di Roma, si registri una straordinaria diffusione cultuale per san Rocco nel Regno di Napoli; tale circostanza peculiare viene opportunamente ricondotta alla volontà da parte della Municipalità di Napoli che accolse il santo taumaturgo tra i protettori della città, creando in questo modo quello che l’autore definisce un vero e proprio «effetto domino» nelle province del Regno.
Come giustamente ha notato André Vauchez in uno degli studi dedicati al santo pellegrino francese, ben pochi santi possono vantare in Occidente una fama come quella raggiunta da san Rocco tra XIV e XVI secolo, periodo in cui si assiste alla enorme diffusione del suo culto in tutti i paesi dell’Europa e nei contesti sociali più disparati.
Solo in Italia ben sessantaquattro sono le località che portano il nome del santo e circa tremila le chiese o cappelle dedicate al santo dal “mantello breve”, eroe cultuale canonizzato dall’immagine e dalla leggenda.
Dopo aver dedicato un capitolo di apertura in cui viene presentato il dossier agiografìco di san Rocco e ripercorso il suo sviluppo cultuale, Nicola Montesano si concentra su quello che è l’aspetto centrale della sua ricerca, ovverosia la ricostruzione e contestualizzazione del culto rocchiano nel territorio della Basilicata.
Nella fitta trama delle devozioni della regione. Rocco si staglia come personaggio di primo piano, con attestazioni cultuali già alla fine del periodo medievale e poi, con uno sviluppo crescente e organico, dopo la peste che flagellò il Regno di Napoli nel 1530, per divenire esponenziale con la nuova pestilenza della metà del Seicento.
Dall’articolata contestualizzazione della devozione rocchiana in Basilicata emerge come il 70% delle città e paesi presentino attestazioni cultuali per il santo e più di cinquanta siano le chiese e le cappelle espressamente dedicate a Rocco.
Sono poi prese in esame le decine di associazioni laicali e le strutture assistenziali intitolate a suo nome e vengono poste in evidenza realtà significative come il tempietto e l’ospedale di Matera, o gli ospedali di Genzano di Lucania e Tramutola.
Emerge poi un elemento di grande interesse costituito dalla peculiarità devozionale del tessuto sociale lucano in cui il culto rocchiano è preponderante e variegato, connotato da aspetti devozionali con profonde ripercussioni sull’architettura, la dimensione antropologica e le forme del sacro.
Il profondo radicamento del culto per il santo di Montpellier, infatti, ha - l’autore lo dimostra perspicuamente - risvolti e connessioni nel tessuto sociale delle comunità lucane, come attestano tradizioni quali quella del maritaggio a Sasso di Castalda, o il carro di Montescaglioso; la festa del san Rocco degli Spagna di Accettura e Pietrapertosa o la danza del falcetto delle comunità arbresche nei pressi del Pollino e la faida cultuale di Spinoso.
Giunto dalla Francia in Basilicata il culto rocchiano è poi da qui decollato verso nuove destinazioni, insieme ai devoti, che da San Rocco di Tolve hanno portato con loro a Chieri in Piemonte e quindi fino a Santiago del Cile la loro peculiare devozione, contribuendo in questo modo alla diffusione internazionale del culto per san Rocco, punto di riferimento costante della devozione popolare.
Dopo aver, dunque, analizzato i percorsi e le modalità della devozione di “san Rocco del popolo” al termine del volume, con un chiasmo efficace, l’autore dedica uno spazio di documentazione al “popolo di san Rocco” rappresentato e documentato da una serie di testimonianze fotografiche sulle multiformi manifestazioni pubbliche che attestano la devozione popolare per il santo in Basilicata. Oltre all’apparato fotografico, il volume è poi corredato da utili indici dei nomi, luoghi e cose notevoli.
Sono, dunque, davvero lieto di presentare questo studio che costituisce sicuramente un nuovo e solido tassello per la storia della devozione dell’ultimo santo laico del medioevo che ormai da sette secoli connota l’identità religiosa, sociale e civile delle comunità lucane.
|