Il compito dello storico, come afferma il Marrou, consiste nel formulare una risposta ad un interrogativo se è vero che la conoscenza del passato è possibile solo attraverso le tracce che ha lasciato, e tocca allo storico rinvenirle ed interpretarle nella giusta direzione; pertanto, il problema fondamentale diventa quello dell'euristica delle fonti, vale a dire, della capacità dello storico di ritrovare i documenti per poi interpretarli. Questa capacità è una vera e propria arte 'l'arte di trovare le cose e di portarle alla luce; servendosi di strumenti tecnici come gli inventari, approntati negli archivi appositamente per facilitare questa ricerca, ma soprattutto delle doti personali, degli interessi, della sensibilità, dell'ampiezza del proprio orizzonte culturale. La ricerca è, comunque, sempre fortemente condizionata dalla esistenza dei documenti, giacché questa non si realizza in funzione delle future possibilità di utenza da parte degli storici, ma secondo gli scopi istituzionali delle Amministrazioni produttrici, ponendoci così di fronte a situazioni disparate. Per l'età antica e medioevale disponiamo di un numero piuttosto limitato di fonti 'primarie` per l'età contemporanea, invece, anche in dipendenza del proliferare degli apparati della moderna burocrazia, le fonti diventano copiosissime, rendendo allo storico più difficile il compito di dominarle completamente. Una volta stabilita l'esistenza e l'autenticità del documento, è necessario procedere alla sua corretta interpretazione, trattandosi di un materiale duttile nelle mani dello storico e perciò idoneo a fornire risposte ad un numero notevole di interrogativi anche contrapposti. Appare, infatti, ormai fuori discussione che la pretesa avalutatività o obiettività delle fonti documentarie è un'illusione destinata a risolversi di fronte ad un esame più approfondito delle medesime. Una volta sgombrato il campo del pregiudizio di stampo positivistico, che mira a far coincidere la verità storica con quanto il documento riferisce, prescindendo da qualunque interpretazione, risulta chiaro che il documento stesso ci presenta un determinato aspetto di un dato fenomeno storico secondo un certo punto di vista, e, pertanto, è a sua volta interpretato, prescindendo dal condizionamento esercitato in questa fase dall'impostazione teorica e metodologica dello storico autore della ricerca. Se, dunque, resta assodato che è la soggettività dello storico a ruotare intorno al documento d'archivio, è altrettanto certo che, affinché si possa parlare di storia vera e propria, è necessario che questa stessa soggettività intervenga, mediante l'interpretazione del documento, per conferirgli la giusta collocazione nel contesto della ricerca, secondo un rapporto di reciproca influenza da cui nasce quella sintesi che può essere definita "sintesi storica a priori".
Bisogna, quindi, rifiutare qualsiasi tentazione di "idolatria per l'esplorazione archivistica'; per usare le parole di D. Cantimori che si riferiscono in particolar modo alle ricerche di storia contemporanea, acquistando consapevolezza "delle difficoltà dell'esplorazione archivistica per i periodi più recenti, e della possibilità di trasformare la ricerca storica in un gioco di rivelazioni retrospettive, e il documento storico in pezza d'appoggio per una controversia giuridica o una polemica politica, cioè di perdere il senso della prospettiva".
In base alle nuove esigenze di ricerca della recente storiografia, volta non più a privilegiare il fattore politico-istituzionale, bensì tutti gli aspetti che convergono a determinare la dinamica delle forze collettive che costituiscono un aggregato sociale, il rapporto con le fonti archivistiche appare radicalmente mutato. In primo luogo, appare evidente che, se per soddisfare le istanze del primo tipo, vale a dire di una storiografia del genere "evenemenziale',' poteva bastare il documento singolo o quello più significativo (carteggi tra personaggi politici, relazioni diplomatiche, verbali di riunioni politiche ecc.) per far fronte allo slargarsi dell'orizzonte della nuova storiografia del tipo "totale',' che tende a porre in rilievo quelle "strutture" di cui ci parla Braudel, in funzione di sostrato entro il quale l'avvenimento eccezionale costituisce uno degli elementi del rapporto dialettico tra le forze della collettività.
È innanzitutto la serialità della documentazione ad eseguire un ruolo di primo piano non essendo più sufficiente il documento individualmente preso, ma occorrendo una serie di documenti cronologicamente continui per poter attestare con sufficiente attendibilità i fenomeni sociali ed economici ben più complessi e di più lunga durata rispetto agli avvenimenti particolari.
L'altra conseguenza di queste premesse è l'acquisita centralità, prima insospettata, da parte di una tipologia di documenti d'archivio un tempo del tutto, o quasi, inesplorata o comunque non adeguatamente valutata ai fini delle ricerche storiche.
È emersa, infatti, l'importanza oltre che della consistente documentazione prodotta dagli uffici dell'amministrazione statale periferica, conservata presso gli ex-archivi provinciali e in passato trascurata rispetto a quella prodotta dagli organi centrali dello stato anche di tutta la massa ingente di documenti prodotti da uffici non statali: archivi di enti pubblici e archivi privati, tra cui archivi di famiglie, di istituzioni varie, di banche, di imprese economiche ed industriali, di partiti, di sindacati, di giornali ecc. e gli archivi ecclesiastici. Questa documentazione, se adeguatamente conservata e consultata, offre la possibilità ai ricercatori di condurre indagini di vario genere inerenti fenomeni sociali ed economici, coinvolgenti a volte interi strati della popolazione con un'estensione spazio-temporale dai limiti più o meno ampi. Basti pensare, tanto per citare alcuni esempi, all'importanza degli archivi di imprese, banche, industrie ecc. in una realtà complessa come quella della moderna società industriale, che, a partire dalla seconda metà del XIX secolo, è caratterizzata da modificazioni profonde che hanno inciso, oltreché sui ritmi e le modalità di produzione, sui rapporti di classe, sui sistemi di comunicazione, sulle abitudini di vita, sul costume, persino sulla psicologia degli individui.
Si pensi ancora all'importanza degli archivi privati, come quelli familiari, che, un tempo consultati solo in vista della ricostruzione di alberi genealogici o per lo studio di singole personalità, oggi acquistano un ruolo tutt'altro che trascurabile ai fini della comprensione di aspetti della realtà istituzionale e socio-economica a livello locale ed anche regionale (specie se destinati a sopperire alla mancanza di altre fonti), quali, ad esempio, le relazioni tra potere locale e amministrazione centrale, i rapporti tra ceti signorili e ceti subalterni, in particolare quello contadino, i sistemi di conduzione delle proprietà, le relazioni commerciali con altri centri, ecc.
La stessa cosa si può dire per gli archivi comunali: essi sono testimonianze di attività e di vita.
Negli ultimi decenni, il rinnovamento della storiografia contemporanea e l'allargamento dei suoi interessi verso la storia sociale, politica ed economica della città come dei piccoli centri ha avuto l'effetto di portare alla ribalta l'importanza degli archivi comunali. La documentazione postunitaria, che fino a pochi anni fa era considerata di interesse eminentemente amministrativo, è ormai entrata a far parte, a pieno titolo, del campo di osservazione e di indagine degli storici e di un sempre più largo numero di laureandi e di cultori di storia locale. E fra i cultori di storia locale si colloca Angelo Martellotta con la pubblicazione "I Sindaci di Alberobello dall'Unità d'Italia”
Quest'appassionato ricercatore, servendosi prevalentemente dei documenti conservati nell'archivio del Comune di Alberobello, ha ricostruito quasi un secolo di vita cittadino attraverso l'attività di sindaci, podestà e commissari prefettizi.
Il Martellotta, con uno studio ampio e documentato, offre della città dei trulli una visione più completa rispetto ai suoi predecessori che soltanto in parte poterono consultare le fonti comunali a causa del loro disordine. Evidenziando fatti e figure ancora vivi nel ricordo del popolo, delinea nel contempo, un quadro preciso dell'evolversi della città attraverso i suoi amministratori.
Maggior rilievo è stato dato a uomini coma Ernesto Giulio e Rodolfo Acquaviva, entrambi appartenenti alla nobile famiglia Acquaviva d'Aragona dei Conti di Conversano.
Ernesto Giulio Acquaviva è meritatamente ricordato, oltre che per le numerose cariche pubbliche ricoperte con competenza e zelo, per il grande amore per la libertà, per aver sostenuto la richiesta della cittadinanza per il prolungamento della Mediterranea da Castellana a Martina Franca alfine di creare uno sbocco nella provincia d'Otranto e di valorizzare il mercato settimanale di Alberobello; per aver migliorato la viabilità cittadina, per aver ottenuto il passaggio di Alberobello dal Distretto di Altamura a quello di Bari.
Rodolfo Acquaviva, per l'oculatezza, l'onestà e l'impegno incessantemente profusi nel disimpegno del proprio ufficio viene giustamente additato ad esempio da un articolista della "Gazzetta dei Municipi" del 22 settembre 1878.
Le sue lettere offrono, insieme a numerose notizie biografiche, interessanti cenni sul brigantaggio meridionale e sulla situazione socio-sanitaria ed economica di Alberobello.
Altra illustre figura è quella di Pietro Campione, "Caposcuola del Socialismo" come viene definito per l'impegno civile e morale e per la perseveranza con la quale sostiene le rivendicazioni dei contadini e degli operai che si riunivano nel "Circolo del popolo" da lui organizzato. Si devono alla sua amministrazione l'elettrificazione della frazione Coreggia e numerose opere pubbliche realizzate nonostante le forti tensioni politiche nelle quali si trova ad operare in seguito all'affermarsi del fascismo.
L'opera del Martellotta, per gli studiosi e i curiosi, è e sarà un prezioso tesoro di notizie raccolte ed ordinate con sapienza e con scrupolo, che potrà essere consultato proficuamente da chi avrà desiderio ed interesse di studi pugliesi.
Merito del Martellotta è, inoltre, quello di non essersi fermato a consultare i documenti presso l'Archivio Comunale, ma di aver esteso le sue ricerche all'Archivio privato Acquaviva d'Aragona, conservato presso gli eredi residenti in Alberobello, e all'Archivio di Stato di Bari (Tribunale, Corte d'Assise, Gabinetto del Prefetto).
Esprimiamo, pertanto, il nostro plauso per la esemplare fatica di Angelo Martellotta, auspicando una fioritura di pubblicazioni di tal genere che, sole, ci permetterebbero di ricostruire la storia del nostro recente passato, ancora sepolto dei documenti, e di orientare meglio il nostro cammino. |