C’è qualcosa che ognuno di noi si porta dentro, una sottile linea d'ombra che ci separa dai confini della mente, a volte oscuri. C'è qualcosa di più terribile del carcere, peggiore della morte. Essere dimenticate per vergogna. A tutte queste donne “invisibili” è dedicato La storia di Esther, Schena Editore, che è stato presentato martedì 28 maggio 2019 alle 18,30 alla Feltrinelli. Una storia realmente accaduta - teatro della scena Ruvo di Puglia e Bari - in un periodo durato circa trent'anni, dagli anni Venti alla fine degli anni Cinquanta. Affascinante e intrigante, il libro, primo romanzo, ma non prima esperienza letteraria di Patrizia Gesuita, saggista, direttrice della biblioteca del Conservatorio di Matera, musicista e clavicembalista, è una storia di genere, per certi versi inquietante, che offre uno spaccato di certa mentalità, in cui le donne non avevano nessun diritto di scelta. E questo, nonostante in Puglia, soprattutto con il ruolo assunto dalle donne durante la Resistenza a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, ci fossero i primi vagiti di una presa di coscienza al femminile, alimentati anche da illustri meridionalisti con in testa Tommaso Fiore. Tutto questo fermento sembra non riguardare Esther, completamente soccombente di fronte alle decisioni del padre prima, del marito poi, che sogna l'amore, la fuga verso la libertà, sentimenti che resteranno inesorabilmente intrappolati nelle pagine di un diario ritrovato, molti anni dopo, in una vecchia cassa panca dalla nipote Sara. Il ritrovamento sarà per la ragazza, coprotagonista della storia, un momento di svolta e di crescita. Perché, conoscere il passato consente di comprendere meglio il presente e guardare al futuro con più consapevolezza. Cosi Sara divora quelle pagine scritte da sua nonna, una donna molto bella della quale non aveva visto che una foto. Di lei, nessuno aveva mai parlato. Se non Vincent, suo padre, il più giovane figlio di Esther, quando i deliri dovuti all’Alzheimer lasciavano affiorare vecchi ricordi. Verità o solo incubi di una vita spezzata e devastata dai disturbi della mente? Sarà il diario a far luce su tutto e sull'esistenza di nonna Esther. Un racconto struggente, quasi un dialogo con se stessa, ma con la segreta speranza che qualcuno un giorno avrebbe letto la sua stona. La verità, raccontata con ineludibile rassegnazione; tutta una vita nella quale unica consolazione era stata la musica. La lirica, che aveva imparato ad apprezzare frequentando con i genitori il Teatro Petruzzelli e ad amare incondizionatamente. Quanto aveva amato, ricambiata, un giovane musicista. Realtà e sogno, desiderio di libertà e duro scontro con la vita di tutti i giorni, mentalità di un'epoca, ineluttabilità degli eventi. Un uomo che non ama e che non l’ama, numerose gravidanze e poi, il buio di una vita condannata crudelmente all'oblio. Cosi doveva andare. “Una storia vera - chiarisce Patrizia Gesuita - della quale sono venuta a conoscenza e che ho voluto riferire esattamente per come è avvenuta. Soltanto i nomi sono di fantasia. Ho voluto, in qualche modo, pubblicandone la storia, rendere giustizia non solo a Esther ma anche a tutte quelle donne, vittime di violenza psicologica - non meno terribile di quella fisica - per dar loro voce e dignità”.
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