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San Benedetto
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Eventi San Bebedetto

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I muri esterni e l’antico campanile, realizzati in ottimo calcare da taglio, evidenziano l’originaria struttura esterna della chiesa romanica di San Benedetto, datata all’XI secolo, probabilmente costruita sui resti di una struttura preesistente. Sui muri perimetrali esterni è possibile ammirare parte dell’antica decorazione musiva: oltre alla fascia presen-te in alto lungo la cornice di chiusura, ai lati dell’attuale ingresso sono una pregevole monofora e due lastre scolpite a bassorilievo, di cui una rappresenta un’interessante figura di grifone. Internamente la chiesa fu più volte rimaneggiata, e in particolare nel ‘500 fu ampliata eliminando le absidi per fare spazio ad un grande altare centrale e ad una cappella dedicata alla Madonna del Rosario. Perciò nella parte inter-na essa ha perso ogni traccia della sua storia più antica. Nel corso del XVII secolo la chiesa fu interessata da una serie di lavori di restauro e di abbellimento, che trasformarono completamente il suo aspetto. Nel 1655 fu innalzato l’alto campanile barocco, visibile in tutta la sua bellezza da chi percorre le caratteristi-che viuzze adiacenti al monastero. Realizzato in laterizi e carparo, i cui toni del rosso e bianco creano un efficace con-trasto coloristico, ha impostati tre stemmi sull’arco d’ingresso: quello centrale appartiene al papa dell’epoca Alessandro II, quello di destra agli Acquaviva e il terzo al monastero. La copertura originaria del campanile era in mattoni poli-cromi maiolicati, sostituiti in tempi recenti con altri nei toni del giallo e del blu. Nel 1658 fu ampliato l’originario ingresso laterale della chiesa e sostituito con un altro più grande, con un por-tale dall’aspetto maestoso e di gusto rinascimentale. Colpiscono il visitatore i due grossi leoni collocati ai lati del portale, probabilmente in origine destinati per una fontana: all’interno delle loro bocche, infatti, sono tuttora visibili dei fori che evidentemente dovevano servire per la fuoriuscita dell’acqua. All’interno la chiesa fu abbellita da pregevoli altari barocchi, in legno intagliato e dorato, su due dei quali si ammirano tele attribuite a pittori seicenteschi: quella di destra che rappresenta il Battesimo di Cristo è di Carlo Rosa, la Crocifissione è di Nicola Gliri. A questi pittori e a Francesco Antonio Altobello sono pure attribuiti gli affreschi delle cu-pole disposte in asse sulla navata centrale della chiesa: delle tre, quella collocata al centro fu ingrandita durante i re-stauri seicenteschi proprio per dare luce ai nuovi altari e dilatare lo spazio della chiesa. I soggetti degli affreschi sono diversi: nella prima cupola sono rappresentate alcune sante cistercensi e la storia di san Bernardo; in quella centrale le Virtù cardinali, nella terza le storie della vita di san Benedetto. La cantoria è datata al 1716, mentre l’altare maggiore, realizzato in marmi policromi, è datato al 1766. Alcuni studiosi ritengono però che l’originario altare maggiore doveva essere anch’esso in legno intagliato: non è escluso che questo possa essere stato, in origine, l’altare collocato attualmente nella cappella del Rosario, su cui è impostata una tela raffigurante, appunto la Madonna del Rosario, attribuita a M. Damasceno (1573) e che recenti restauri (2016) hanno riportato allo strabiliante splendore originario. Ancora nel corso dell’800 la chiesa subì altri lavori di restauro condotti dall’insigne architetto conversanese Sante Simone: nel 1855, sotto la sua direzione, furono effettuati lavori per la sostituzione dell’antico pavimento (forse a mosaico) dell’interno della chiesa, furono realizzati altari in marmo (altare di San Bernardo e altare della Vergine del Rosario con tele di Lotti) ed eseguiti lavori di intonaco e stucchi ai pilastri, ai muri e alle cupole. La spettacolare pala dell’altare maggiore, ai cui toni si accordano gradevolmente quelli dei marmi policromi dell’altare, fu realizzata dal pittore Paolo Finoglio e rappresenta i Santi Benedetto e Biagio. La tela, appartenente alla maturità dell’artista napoletano (1643), è considerata il capolavoro di Finoglio. La resa del piviale di san Biagio è note-vole, come pure il finissimo pizzo ad ago del suo camice. Ma è la luce dorata, che inonda la tela dall’alto, a creare una visione d’insieme di grande effetto. La tela, come già detto, doveva essere originariamente incastonata in un altare li-gneo, posto forse in posizione avanzata rispetto all’attuale: ne sarebbe derivato un gioco di luci di forte intensità causa-to dal contrasto tra luce vera, che penetra nella chiesa dalla cupola centrale, e la luce dipinta della pregevole pala d’altare.

 

Fonte: Società Cooperativa Armida

 

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