L'ultimo chiuda la discarica è l'appello di chi da trent'anni vive sotto la minaccia di discariche più o meno controllate, allestite in cave abusive di terreno, scavate nelle campagne tra Mola di Bari e Conversano (in provincia di Bari), anche "mangiando"' una strada comunale, sullo sfondo dell'infinita emergenza rifiuti in Puglia. Spazzatura seppellita senza proteggere l'ambiente o lasciata scoperta per giorni; discariche prive di adeguata recinzione e di tenuta del percolato; acque di falda a rischio inquinamento; perdite continue di biogas in una delle campagne più fertili dell'intera provincia. In Puglia, il sistema della raccolta differenziata stenta a partire e, purtroppo, lo smaltimento in discarica rappresenta ancora la principale forma di gestione adottata (per circa l'80% dei rifiuti). La raccolta differenziata (che qualcuno elude bruciando tutto nell'inceneritore, e di cui qualcun altro cerca di gonfiare i dati computando anche rifiuti speciali) è molto condizionata da chi gestisce le discariche. Questo libro è il racconto di un testimone che per oltre vent'anni ha contrastato, prima come giornalista, poi come Assessore comunale, l'aggressione all'ambiente, svelando i retroscena di Studi di Impatto Ambientale parziali, di autorizzazioni "stabilmente" provvisorie, di proroghe e sopraelevazioni continue, per una discarica sempre aperta.
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Chiunque avrà sognato, almeno un giorno, di volare su, in alto. Icaro, pur essendo riuscito a volare, non ha avuto molta fortuna; i fratelli Montgolfier, a distanza di diversi secoli, sono riusciti a volare, pur non mostrando delle ali vere e proprie. Anche Pietro è riuscito a librarsi. come un autentico volatile delle Puglie, di quelli instancabili e irriducibili. Nel migrare da un paese all'altro del Sud barese, da un campo all'altro della Puglia, da una serra a un impianto orticolo del mondo non dimentica che la sincerità e l'umiltà sono regole e capisaldi di vita e che la professionalità e il rigore tecnico-scientifico sono semplici, ma fondamentali, precetti di mestiere. A volerlo comparare a una specie classica dell'ornitologia, diremmo che è un gabbiano, una specie che ama il mare e para le sferzate del vento piegandosi senza farsi abbattere. Ed essendo uomo con doti di volatile, a queste aggiunge un'altra capacità: quella di essere anche levatore di volatili. II gabbiano è una specie che ama l'uomo, è sempre al fianco dell'antropizzazione, nei porti, sulla scia di traghetti e pescherecci, e di recente in prossimità delle discariche. II gabbiano è ormai un animale sinantropico, un osservatore, ma anche un rilevatore e un indicatore (proprio come l'autore). I laridi si nutrono degli output dell'Antropocene, questa era caratterizzata dalla prevaricazione dell'uomo sull'ambiente, ma nell'attingere sostanza trofica si accorgono di anomalie ed eccessi, di abusi e leggerezze. Quegli abusi e quelle leggerezze che potremmo cogliere tutti, facendoci gabbiani e volando su quei trenta ettari di contrada Martucci. E se non riuscite ad essere gabbiano, provate ad essere talpa, e ad infilarvi tra i milioni di tonnellate di rifiuti sotterrati; riuscirete a sentire l'olezzo dei rifiuti in decomposizione e della ribellione della natura, dell'acqua e della terra, accompagnato ad un altro profumo più sottile, quello del denaro, che concede vita lunga ad ogni discarica: il profumo del denaro della discarica, un profumo allettante per una classe politica e dirigenziale indegna che, confusa da questo profumo, si èamminchiata (come direbbe Camilleri) sui megaimpianti (discariche, impianti di CDR, termovalorizzatori), dimenticando processi più virtuosi di gestione dei rifiuti. Eppure, ormai, conosciamo tutti quale sia il processo più virtuoso di gestione dei rifiuti; siamo tutti consapevoli che la limitazione dei consumi e la riduzione della produzione di immondizia sono basilari per garantire il giusto valore delle cose, degli oggetti, delle risorse, senza «limitare» l'economia e il progresso; tanti cittadini sanno che è utile dividere le frazioni merceologiche dei rifiuti, differenziare i materiali per agevolare i processi di recupero e riciclo. Ma perché, allora, i processi virtuosi vanno a farsi benedire e gli impianti di produzione di CDR e gli inceneritori vanno a farsi costruire'? È anche vero che molti italiani sono convinti che l'inceneritore rappresenti la panacea del problema rifiuti, ma probabilmente perché guardano programmi televisivi, agevolmente sponsorizzati dalle lobbies industriali dei «termovalorizzatori», o «temocancrovalorizzatori» (come li definisce qualche veneto illuminato). Il profano non conosce e non capisce da che parte sia il giusto: I'ambientalista, pur convinto che «Dio ricicla e il diavolo brucia», non riesce a capacitarsi del perché l'uomo abbia voglia di bruciare, e di bruciarsi... Quello che non si conosce, quello che non si riesce a comprendere è scritto in questo libro preziosamente raro, che spiega il perché delle cose. dice quello che i media non ci dicono: rivela quello che politici e istituzioni promettono di fare e non fanno, analizza ciò che c'è scritto su lettere. determinazioni dirigenziali. sentenze: svela ciò che gli atti velano. a che i fatti nel tempo rivelano. Un grazie a Pietro perché. con il perseverante senso civico che intende profondere nella società, con l'innato gene di gabbiano. riesce a condurci per «ala» in questo viaggio sopra e intorno ad una discarica che è l'effetto antropocenico più riuscito degli uomini della «nostra terra».
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