Recensione
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Premio nazionale di Letteratura Umoristica "Umberto Domina" Enna - luglio 2008
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Chi non ha sperimentato almeno una volta nella vita la magia del sassolino gettato in uno stagno? "Il sasso nello stagno" è la similitudine introduttiva di quel meraviglioso contributo alla scrittura creativa che è Grammatica della fantasia di Gianni Rodari. "...onde concentriche si allargano sulla sua superficie, coinvolgendo nel loro moto, a distanze diverse, con diversi effetti, la ninfea e la canna, la bacchetta di carta e il galleggiante del pescatore. Oggetti che se ne stavano ciascuno per conto proprio, nella sua pace o nel suo sonno, sono come richiamati in vita, obbligati a reagire, a entrare in rapporto tra loro". Così a giocare con le parole: "Una parola, anche quella gettata a caso nella mente, produce onde di superficie e di profondità, provocando reazioni a catena...". La tipologia dei rapporti che si creano nella mente dipende poi dal tipo di colore della benzina che abbiamo nel serbatoio del nostro stato d'animo: quella più scura ci consente associazioni un po' più "serie"; quella colorata, invece, alimenta il motore del sorriso, alla ricerca di suggestioni nuove nella galassia dell'umoristico. Lampi d'imbecillità è una sorta di figlio adottivo della similitudine del sasso nello stagno; il libro contiene una raccolta di spunti umoristici strutturati a mo' di scenette teatrali, nel solco delle intuizioni di Tragedie in due battute di Achille Campanile. E, in un certo senso, è da considerarsi un omaggio allo straordinario talento dello scrittore romano. Il lavoro nasce da un intento di fondo: mettere a nudo l'estrema fragilità della parola, e sorriderne. A guardar bene, infatti, la convenzione linguistica, su cui si fonda la convivenza sociale, rende spesso la comunicazione una sorta di campo minato "...tanto le parole si rivelano intricate, allusive, formicolanti di segni ambigui, di doppi sensi, di labirinti ed equivoci" (Gene Pampaloni). Ci capita spesso di constatare la "pericolosità" delle parole, non soltanto per le incomprensioni, i fraintendimenti che esse generano, ma anche per i risvolti comici che tal vota determinano nell'uso e abuso quotidiano. L'espressione avere il lavoro nel sangue, per esempio, significa averlo profondamente radicato, sentirlo intensamente, come fosse congenito ... Ma proviamo a mettere la medesima espressione in bocca al conte Dracula:
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ATTACCAMENTO AL DOVERE
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Personaggi: IL DOTTOR KARLESTONE IL CONTE DRACULA La scema si svolge in Transilvania, nel castello del conte. IL DOTTOR KARLESTONE riponendo il fonendoscopio nella custodia: Lei è stressato, signor conte; deve riposare. Si prenda una vacanza. IL CONTE DRACULA Impossibile, dottore. Io il lavoro ce l'ho nel sangue! |
(Sipario) E così la locuzione costare un occhio della testa indica un costo in danaro molto elevato; ma quale pirotecnico effetto possiamo ricavarne in un contesto come questo:
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CAROVITA
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Personaggi: IL CICLOPE POLIFEMO LA COMPAGNA MARGHERITA LA FIGLIA POLIFEMINA IL CICLOPE POLIFEMO No, non insistete: la carne umana, no! LA FIGLIA POLIFEMINA Dai, paparino! IL CICLOPE POLIFEMO Vi ho detto di no! LA COMPAGNA MARGHERITA Ma perché, POLIFEMO? IL CICLOPE POLIFEMO Lo sai: costa l'occhio della testa! |
(Sipario)
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Allo stesso modo la frase idiomatica non esserci o non starci) con la testa significa essere distratto, svagato, confuso ... ma proviamo ad immaginarci l'utilizzazione di questo modo di dire in un ipotetico retroscena (anzi: retroscema ) del canto XXXIIIdell'Inferno di Dante:
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LA DIVINA COMMEDIA INFERNO - CANTO XXXIII (Retroscena)
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Personaggi: DANTE L'ARCIVESCOVO RUGGIERI IL CONTE UGOLINO Concluso il racconto della sua tragica fine, IL CONTE UGOLINO riprende a rodere il cranio dell'ARCIVESCOVO RUGGIERI. DANTE, pur molto turbato dalla drammatica vicenda, prima di andare via e di pensare ad una invettiva contro la città di Pisa, sente il dovere di prendere commiato dai due famosi dannati. Da uomo perspicace qual è, esclude le formule tradizionali Buongiorno o Salute o, peggio, Addio, che potrebbero essere interpretate come inopportunamente sarcastiche. Esclude anche, per scaramanzia, l'Arrivederci. Trova pertanto comodo utilizzare l'asettico Riverisco.Gli risponde, però, solo IL CONTE UGOLINO (anche se a bocca piena non si dovrebbe parlare. Ma tant'è! Siamo ancora nel 1300, all'epoca cioè dei bisnonni dei trisavoli di Giovanni della Casa, che metterà le cose a posto sul piano del galateo). DANTE, allora, ripropone il saluto all'ARCIVESCOVO RUGGIERI.
DANTE Riverisco, ARCIVESCOVO! L'ARCIVESCOVO RUGGIERI non risponde. DANTE raschiando la gola e alzando la voce: Riverisco, ARCIVESCOVO! L'ARCIVESCOVO RUGGIERI non risponde. IL CONTE UGOLINO all'ARCIVESCOVO RUGGIERI: Guarda che il fiorentino ti sta salutando. L'ARCIVESCOVO RUGGIERI sforzandosi di girarsi dalla parte di DANTE: Oh, scusatemi messere, ma da qualche tempo non sto più con la testa!
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(Sipario)
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Ecco i lampi, le intuizioni dell'autore, che gioca con le parole, prendendole per i fondelli. E tutto questo perché molte di esse sono dotate di polisemia: hanno cioè lo stesso significante, la stessa forma grafica o fonica, ma significati diversi, a seconda dell'immagine mentale cui le riferiamo. Gli insegnanti, per esempio, sanno bene quali effetti dirompenti possono avere questi tipi di parole o espressioni, inserite all'interno di una lettura, di una spiegazione, di un approfondimento qualsiasi durante una lezione. Termini come palle, uccello, pesceecc. fanno rischiare esplosioni di ilarità e sgretolano la già labile concentrazione. Da quali ambiti l'autore ha attinto, dove ha reperito il materiale per l'elaborazione dei suoi quadretti scenici? Dai luoghi comuni, dalle frasi fatte, dagli stereotipi applicati alla realtà quotidiana, ma anche alla storia, alla mitologia, alla letteratura. Egli si è divertito ad utilizzare, con quel pizzico di fantasia surreale che gli è propria, le categorie del pensiero e del sentimento, tipicamente umane, anche ad animali, piante ed esseri inanimati:
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ALL'OMBRA DEI CIPRESSI
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Personaggi: LA CANDELA IL CRISANTEMO Nella cappella del cimitero.
LA CANDELA fiocamente: Hai una espressione un po' smorta, oggi. IL CRISANTEMO mentre gli cadono due petali: Anche tu non scherzi: hai una cera!... silenzio di tomba
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(Sipario)
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Altre volte il gioco del paradosso e del grottesco nasce dalla storpiatura di una parola o di una espressione, per la suggestione che può provocare l'assonanza di termini che si accostano in un provocatorio binomio fantastico. La maggior parte delle scenette (scemette), comunque, attinge alla fonte del doppio senso, a quella potenziale commedia degli equivoci che può generare il linguaggio. Nell'esempio che segue, come in diversi altri quadretti, il titolo è in coda, invece che all'inizio. Anche questa è un'intuizione di Achille Campanile. La cosa permette di dare un formidabile impatto alla strategia della narrazione.
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IL CHIRURGO CHE VA PER LA MAGGIORE
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Personaggi: IL CHIRURGO L'AMICO La scema si svolge per la strada
IL CHIRURGO Ciao, Stefano. L'AMICO Ciao, Riccardo. Come mai da queste parti? IL CHIRURGO Vado a casa dell'avvocato Magnini. L'AMICO Non sta bene? IL CHIRURGO No, sta benissimo. Vado a chiedere la mano di sua figlia. L'AMICO Ah! E...quale delle cinque? IL CHIRURGO Paola, la maggiore. L'AMICO Auguri, allora. IL CHIRURGO Grazie. Arrivederci, Stefano. L'AMICO Ciao, Riccardo.
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(Sipario)
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Qua e là, nello sviluppo narrativo del testo, fa capolino la suocera dell'autore, delegata a censore e bastian contrario delle invenzioni del genero. Queste"irruzioni" non solo non guastano, ma consentono a Lestingi di frequentare la prima virtù di ogni vero umorista, virtù tanto caldeggiata da Italo Calvino coinvolgere nella propria ironia anche sé stesso. |
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