Organi e organisti a Conversano tra XVI e XX sec.
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Recensione
    
Collana Crescamus 9

Recensione tratta dal Bollettino Ceciliano, rivista di musica sacra.
Anno 2008 mese di novembre (numero 11), pp. 286-287.

“La storia della musica sacra in questa Italia lunga e culturalmente sfaccettata è ancora tutta da conoscere; così il patrimonio organario, non meno diversificato, attende di essere meglio approfondito. Per questo ogni ricerca al riguardo va salutata come prezioso tassello da aggiungere al quadro che si spera di poter completare un giorno.
Il lavoro del giovane C. Del Medico è inserito nella Collana Crescamus dell’Archivio Diocesano di Conversano (Puglie) e come gli altri studi della raccolta si basa su documentazione inedita. Dice l’autore: Compatibilmente con le grosse lacune documentarie ho cercato di gettare le basi per una storia della musica sacra a Conversano preparando il terreno ad opere più specifiche e settoriali.
Nelle dense 72 pagine dell’operetta si va ben oltre gli argomenti prospettati dal titolo organi e organisti: si parla anche di compositori e delle loro musiche, si delinea la fisionomia di una cappella musicale, si descrivono codici musicali, si riferiscono notizie sull’attività liturgica di confraternite e di monasteri: un microcosmo svelato per cenni, ma interessantissimo.
Non manca un’Appendice di documenti relativi a progetti, lavori di restaro e a contratti.
Ci pare utile segnalare, nel Documento 2 a pagina 63, il contratto stilato il 14 ottobre 1871 tra il Capitolo della cattedrale e il maestro di cappella don Francesco Paolo La Volpe circa tutti i servizi che egli era in obbligo di sostenere per l’annuo compenso di ducati 30 pari a lire 127,50. Uno dei tanti che già si conoscono, rispondenti ad una prassi consolidata e abituale. Ci sembra utile l’ulteriore segnalazione in questi tempi nei quali si dibatte on line la questione: pagare o no i musicisti di chiesa, in particolare l’organista? Oggi si propende per il volontariato musicale, cosa ottima da un verso e pericolosa ed elusiva dall’altro. Nel passato erano più concreti ed onesti: contratti e calendari dettagliati!
La storia insegna.”

Recensione pubblicata su L'Informatore - giugno 2008 - pag 47

LA MUSICA SACRA rappresenta un aspetto importante dell'identità culturale di Conversano, per secoli centro politico e religioso di spicco nel Meridione. È un ambito di studio che riserva sempre straordinarie sorprese a chi si dedica con meticolosità alla lettura dei documenti consegnatici dal passato. Nasce così il libro "Organi ed Organisti a Conversano tra Sedicesimo e Ventesimo Secolo" di Claudio Ermogene Del Medico, 23 anni, studente universitario ed organista, che attraverso le sue ricerche ha portato alla luce una tradizione che sembrava destinata all'oblio, quella della musica sacra a Conversano. Il volume è stato presentato nella sala-forum dell'Archivio Diocesano, assieme ad un altro lavoro fondamentale, "Carte del monastero di San Benedetto nell'Archivio Diocesano di Conversano", inventario curato da Mariarosaria Lippolis e Rosaria Colaleo. Le due pubblicazioni rientrano nella collana "Crescamus", voce ufficiale dell'Archivio Diocesano di Conversano, diretta da don Angelo Fanelli e don Vito Castiglione Minischetti.
Claudio Del Medico, quali sono gli elementi più importanti emersi nel suo lavoro?
“Prima di tutto l'esistenza a Conversano di una consolidata tradizione musicale, testimoniata da quattro antifonari pergamenacei quattrocenteschi; una tradizione che prosegue nel '500, con la realizzazione in Cattedrale di ben due organi. Un altro dato importante è l'esistenza, nel 600 e nel '700, di compositori conversanesi di musica sacra fino ad oggi sconosciuti: tra le opere più pregevoli sopravvissute figurano un ‘Ufficio della Settimana Santa’ di fine '600 e le Antifone, composte nel 1785 dal canonico don Giovanni Antonio Palazzo”.
Quali erano i luoghi della musica a Conversano?
“Prima di tutto la Cattedrale, centro religioso di eccezionale prestigio. Un altra realtà importante era l'Arciconfratemita del Purgatorio, che verso la fine del '700 commissionò alcune cantate per il Veneri Santo al maestro di cappella Ignazio Candela”.
Sono esistite donne musiciste a Conversano? “Si, nel monastero di San Benedetto, regno delle Badesse Mitrate, donne potenti e amanti delle arti. Ad esempio, è attestata, alla fine del ‘700, la monaca musicista Porzia Van Westerhout Interessanti sono anche le vicende dell’attuale organo del monastero, realizzato nel 1856 da Giuseppe Toselli: si tratta di un raro esempio di strumenti con due tastiere, costruite in maniera tale da permettere ai musicisti uomini di suonare durante la messa senza venire a contatto con le monache di clausura.

Bianca Zupa

Recensione pubblicata su Fax - 14 giugno 2008 - pag 26

Che la mostra comunità potesse vantare una nota quanto popolare tradizionale in campo musicale è sotto gli occhi di tutti.
Conversano, infatti, è nota - anche fuori della nostra regione – perché vanta, decenni, una grande formazione musicale: la sua  celebre e celebrata landa.
Che la nostra comunità, invece, potesse vantare anche una tradizione, non modesta, quanto a presenza di organisti, di organari (cioè l'artigiano che ripara e/o fabbrica gli organi musicali), e quindi, di organi - sino a poco tempo fa - lo si poteva solo ragionevolmente ipotizzare. Ora la pubblicazione di Organi e organisti a Conversano tra il XVI e XX secolo (Scisci, Conversano 2008, pp. 72, euro 5) di Claudio Ermogene Del Medico ci offre la ricostruzione storica che ci permette di far divenire una ragionevole  supposizione una concreta realtà con cui, però, d'ora in poi dover fare i conti.
Quanto era forse solo una mera anche se suggestiva ipotesi di lavoro, ora, questa è divenuta una realtà che si può, forse, considerare come il precedente, più illustre, che ha poi permesso la nascita, in seno alla nostra comunità, delle formazioni bandistiche cittadine che si sono formate quindi, quasi naturalmente, in quanto Conversano aveva una  sua modesta tradizione anche in campo musicale.
Il Del Medico, infatti, dimostra (grazie alla documentazione che ha certosinamente scovato tra le 'carte' dell'Archivio Diocesano di Conversano e in quelle dell'Archivio Comunale di Conversano) che il primo organario che ha prestato la sua opera nella nostra città fu un certo Nicola De Spelli.
Questi, nel 1565, già operava in Conversano. Il che fa presupporre che gli organi di cui erano dotate le chiese e/o i monasteri di Conversano fossero di gran lunga preesistenti alla documentata presenza di Nicola De Spellis in Conversano Del Medico, poi inoltre, documenta che dopo il mastro dell'organo Nicola De Spellis, tra il XVI e il XX secolo, ben altri 14 organari offrirono le loro competenze professionale per far funzionare gli organi della Cattedrale, del cenobio di S. Benedetto, del monastero di S. Chiara e del Purgatorio.
Il Del Medico può, ulteriormente, documentare che il primo organo, di cui si può attestare l’esistenza in Conversano, risale al 1565. Che il primo organista della nostra Cattedrale, di cui si ha certa notizia documentale, è un ecclesiastico: don Antonio Cosmano che, operò, per l'appunto come organista nella nostra Cattedrale dal 1551 al 1562. Che a Conversano è documentabile una consolidata tradizione musicale: testimoniata dal ritrovamento di quattro antifonari pergamenacei quattrocenteschi: una tradizione che poi prosegue nel '500 con la realizzazione in Cattedrale di ben due organi. Che la prima composizione, per organo, composta per le funzioni religiose che si svolgevano nelle chiese della nostra comunità, scritte da compositori conversanesi, sino ad oggi sconosciuti, forse risalgono ai primi del '600. Che la prima ‘cappella musicale’ creata a Conversano è quella che funzionò, nella Cattedrale, a partire dagli anni 1552-1553. Ma il microcosmo - che sino a ieri ci era letteralmente ignoto - nel quale c'introduce il Del Medico non si limita a fornici le notizie che abbiamo poco più sopra riportato. Del Medico, infatti, documenta come alcuni conversanesi furono 'musici' castrati (cita: Paolo Castelli, Vitantonio Scattone e Tommaso Vignola). E che questi, pur nei loro piccolo, ebbero una certa notorietà. Infatti, Del Medico può riprenderne i loro nominativi da una recente pubblicazione scientifica. Del Medico poi può, per di più, assicurarci che uno degli evirati conversansi (il reverendo don Vitantonio Scattone) cantò, per il monastero di S. Chiara, insieme a don Como Tafaro, un mottetto: nel 1709. E che la preparazione musicale, che lo stesso don Vitantonio Scattone aveva conseguito dopo aver frequentato il Conservatorio musicale di Napoli, gli permise - per di più - di divenire l'organista titolare dello stesso monastero. Ma le singolari quanto piacevoli sorprese non sono finite.
Del Medico ci documenta, inoltre, che le monache cistercensi di S. Benedetto - anche in campo musicale - si son tenute all'altezza della loro celebrata fama.
Si sono, per l'appunto, fatto costruire un organo che aveva una doppia tastiera. La prima perchè venisse correntemente utilizzata dalla monaca organista, permettendole di farle rispettare la clausura. L'altra tastiera, invece, era stata fatta costruire perchè potesse essere utilizzata da un musicista, estraneo al convento, nel caso fosse venuta a mancare la monaca organista. Sicché le badesse mitrate di S. Benedetto riuscivano a non privarsi delle melodie del loro organo neanche quando la consorella musicista era ammalata.
Questa cavalcata tra '500 e '900 (che abbraccia i palcoscenici su cui si espresse quel microcosmo che Conversano ebbe il privilegio di far vivere) ci è ora rifatta vivere ad una accattivante narrazione. Una ricostruzione, quindi, che contribuisce a rendere, ancor più attraente, la rievocazione, documentata, dei più illustri precedenti musicali della nostra comunità.
Purtroppo - e non ci stancheremo mai di segnalarlo - anche in questa opuscolo, ospitato nella benemerita collana dei ‘Crescamus’ - mancano del tutto gli apparati paratestuali. Si salva (e non poteva non accadergli altrimenti) solo la splendida copertina. Sulla copertina vi è, infatti, riprodotto, a colori, un antifonario - di recente restaurato - che un tempo era custodito nell'Archivio Diocesano della nostra Città.
Per quanto più su sottolineato in ‘Organi e organisti a Conversano tra il XVI e XX secolo manca, inspiegabilmente, una paginetta dedicata a fornirci una sia pur essenziale indicazione della professione dell'autore. Non vi sono, malauguratamente, l'indice dei nomi e, quindi, poi pure l'indice analitico delle cose notevoli citate in Organi e organisti a Conversano tra il XVI e XX secolo’.
Insomma, gli apparati testuali (cioè tutto quello che sta intorno al testo) devono essere parsi all'autore - e forse precipuamente ai direttori dei 'crescamus' - degli accessori di poco o proprio nessun conto. Eppure sulla ineludibile necessità degli apparati testuali e la loro irrinunciabile presenza in un testo che voglia realmente assolvere alla sua più peculiare funzione (e, cioè, esser una perfetta macchina per far apprendere) si sono scritte centinaia di pubblicazioni!

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Recensione pubblicata su La Scala - rivista di spiritualità,
n. 3 mag.-giu. '09

Grazie all’impulso direttivo di don Angelo Fanelli e don Vito Castiglione Minischetti, la collana Crescamus (edita dall’Archivio Diocesano, dall’Archivio Capitolo Cattedrale e dalla Biblioteca Diocesana “Domenico Morea” di Conversano) si è arricchita di questa pubblicazione, con foto di Leonardo Brescia.
Curata dal musicologo Claudio Ermogene Del Medico, questa pubblicazione ha per oggetto gli organi e gli organisti a Conversano tra il XVI e il XX secolo: si tratta di un breve, ma preciso ed erudito, saggio storiografico che delinea la parabola liturgica e devozionale entro cui si collocano l’origine, lo sviluppo e il declino del grande fenomeno culturale legato al canto gregoriano e alla musica sacra moderna, ufficiale e popolare.
Lo studio, oltre che avvalersi di preziose e originali fonti documentarie, è sublimato da un’interessantissima incursione nella storia ecclesiastica del novecento conversanese, dove spicca la non comune sensibilità religiosa e musicale dei Vescovi diocesani e, soprattutto, di Mons. Luigi Gallo (Noci, 2 febbraio 1882 – 10 gennaio 1973), fine cultore della scienza dei suoni umani e divini.

Tommaso Turi

Recensione pubblicata su Librarte
rivista del festival del libro delle arti e delle musiche,
anno I, numero 1 2008, pagina 279

Tra le diocesi più singolarmente ricche di storia, di arte e di musica di una Puglia già molto fiorente, la diocesi di Conversano presenta un patrimonio archivistico rilevante soprattutto a partire dal XVI secolo, epoca di cui si ha la documentato presenza di un primo organo nella Cattedrale, per proseguire poi nei secoli XVII e XVIII con il barocco. (…)
A Conversano la ricchezza culturale delle epoche passate poteva vantare origine in tre forme di mecenatismo: accanto a quelle laiche dei Conti Acquaviva d’Aragona, erano di grande rilievo le commissioni di istituzioni religiose della diocesi e del monastero di San Benedetto, in cui la badessa conservava una grande quanto rara autorità anche temporale nell’universo della religiosità femminile, tanto da essere definita dalla chiesa (maschile) Monstrum Apuliae. Delle testimonianze manoscritte dell’epoca, Conversano custodisce quattro fascicoli, in cui spicca un Ufficio della Settimana Santa composto verso la fine del Seicento (trascritto da Claudio del Medico). Altre testimonianze arrivano dai repertori della cappella musicale. Nell’indagare sui repertori sopravvissuti negli Archivi locali, l’autore ha rinvenuto anche le presenze di maestre di organo e di canto nella rassegna di musicisti che si occupano di suonare le opere degli organari.

Mariapina Mascolo

Scheda bibliografica
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Autore Claudio E. Del Medico
Titolo Organi e organisti a Conversano tra XVI e XX sec.
Editore Arti Grafiche Scisci Conversano
Prezzo contributo € 6,00
data pub. 2008
In vendita presso: Emmaus - Conversano
Edicola p.za Castello - Conversano
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Feste e processioni a Conversano nel '700.
Agiografia illustrata
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Recensione
    
Collana Crescamus 8

In attesa

 

 

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Scheda bibliografica
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Autore Angelo Fanelli 
Titolo Feste e processioni a Conversano nel '700. Agiografia illustrata
Editore Arti Grafiche Scisci Conversano
Prezzo contributo € 6,50
data pub. maggio 2007
In vendita presso: Emmaus - Conversano
Edicola p.za Castello - Conversano
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Il maestro del villaggio. Operetta semibuffa conversanese
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Recensione
    
Collana Crescamus 7

In attesa

 

 

 
Scheda bibliografica
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Autore Musica di Angelo Antonio Quaranta
Libretto di Domenico Morea. Giuseppe Vavalle, Sante Simone
A cura Angelo Fanelli 
Titolo Il maestro del villaggio. Operetta semibuffa conversanese
Editore Arti Grafiche Scisci Conversano
Prezzo contributo € 6,50
data pub. maggio 2007
In vendita presso: Emmaus - Conversano
Edicola p.za Castello - Conversano
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La formazione scolastica di Donati jaia
e il suo carteggio napoletano (1863 - 1884)
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Recensione
    
Collana Crescamus 6

        Nel sesto volume dei quaderni della collana “crescamus” Angelo Fanelli ripropone - dopo averlo rivisto e ampliato  con non modeste integrazioni (le integrazioni si riferiscono, in modo particolare, alle note a piè di pagina che rimandano ad altrettanti documenti inediti che sono custoditi presso la Biblioteca Archivio del Seminario Vescovile di Conversano) il contributo che aveva letto in occasione della giornata di studi dedicata al filosofo Donato Jaia e ch’era poi stato pubblicato negli atti delle suddette giornate con il titolo La “ratio studiorum” a Conversano negli anni ’60, in Donato Jaja (1838- 1914) . E gli dà, per l’occasione, un nuovo ma più pertinente titolo che ora è divenuto La formazione scolastica di Donato Jaja a Conversano (Arti Grafiche Scisci, Conversano 2007, pp.126 con ill. in b/n).
     Sottolineata la presenza particolarmente significativa dei nuovi contributi confluiti nel saggio, va quanto meno, in questa sede, rimarcato come La formazione scolastica di Donato Jaja costituisca un momento davvero tangibile degli studi dedicati a ricostruire i momenti più significativi della biografia del noto filosofo conversanese assurto alla cattedra di filosofia alla Normale di Pisa dove ebbe come suo allievo Giovanni Gentile. 
     Questo dato va rimarcato perché il contributo dettato da Angelo Fanelli scandaglia a fondo, e per la prima volta e per ciò offrendo in questo significati apporti alla ricostruzione di alcuni momenti della formazione umana e cultura di Donato Jaja, quando quest’ultimo, superato il tredicesimo anno di vita, prese a frequentare, come interno, l’allora prestigioso Seminario Collegio Vescovile di Conversano.
     Con questa sua illuminante, esaustiva ricerca Angelo Fanelli ricostruisce quella che si può ben definire la preistoria umana e culturale di Donato Jaja. Ricompone di fatto quelle prime fruttuose conquiste culturali che poi condurranno alla ben più articolata e matura formazione che nel prosieguo dei suoi studi farà suoi in modo particolarmente opeculaire il filosofo conversanese. 
     La formazione scolastica di Donato Jaja quindi, per la sua felice riuscita - e inoltre per la serie di inedite stimolanti informazioni che fornisce sulla prima formazione del filosofo conversanese - colma una lacuna non modesta che riguarda, poi inoltre pure , un delicato momento della realizzazione non solo culturale quanto anche umana di Donato Jaja. 
     Un nodo squisitamente esistenziale, quest’ultimo, sol che si tenga bene a mente quale sarà la successiva, radicale evoluzione che subirà la vita e quindi la stessa weltangshaung del filosofo conversanese che, com’è noto, getterà la tonaca alle ortiche dopo una sofferta quanto meditata decisione ch’è forse da rinvenirsi, quale suo motivo scatenante, in un evento luttuoso (è la prematura morte di una fanciulla di cui si era innamorato) che lo colpirà dolorosamente nell’animo e profondamente anche nel fisico. 
     Angelo Fanelli - sulla scorta di documenti inediti in gran parte conservati presso l’Archivio Biblioteca del Seminario di Conversano – ha ricostruito, quindi, la moderna temperie culturale ch’era stata tenacemente e anticonformisticamente perseguita dal responsabile degli indirizzi che avevano gli studi nel Seminario Vescovile di Conversano, il sacerdote alberobellese Domenico Morea, che aveva fortunatamente trovato il suo mentore e quindi il suo difesore più strenuo nel vescovo Giuseppe Maria Mucedola cui è riconosciuto un notevole antiborbonismo nutrito di genuino spirito liberale ed evangelico.
     La formazione scolastica di Donato Jaja ricostruisce per di più puntualmente, sulla corta di inediti documenti di archivio, i programmi scolastici del mattino e del pomeriggio che Donato Jaja seguì nel Collegio Seminario di Conversano. Individua la qualità dell’offerta formativa voluta dal presule Giuseppe Maria Mucedola. Specifica gli insegnamenti e gli insegnanti che ha avuto lo Jaja durante la sua permanenza nel Seminario di Conversano. Ricostruisce lo scenario scolastico complessivo dello stesso Convitto quindi la notevole, moderna valenza educativo-scientifica che avevano anche i testi che venivano adottati nello stesso Seminario. Individua quindi poi pure alcuni dei testi filosofici che influenzarono la prima formazione dello Jaja. E tra questi ultimi cita il volume, ancor oggi conservati nella Biblioteca Diocesana di Conversano, delle “Sette piaghe della santa Chiesa” del Rosmini di cui dopo l’edizione di Lugano del ’48 il Seminario aveva acquistato anche l’edizione napoletana del ’49: nel cui frontespizio non figura, addirittura, il nome dell’autore. 
     Al contributo ch’era già stato pubblicato nei “quaderni” della fondazione G. Di Vagno Angelo Fanelli, ora, unisce la trascrizione - dotata di apparati filologicamente accurati - della corrispondenza, in gran parte inedita, che intercorse tra Donato Jaja, la marchesa Marianna Florenzi Waddington e il filosofo Francesco Fiorentino negli anni compresi tra il 1863 e il 1884. Sono ben 39 lettere, offerte per la prima volta in una organica raccolta, che gettano nuova quanto significativa luce sui delicati quanto travagliati anni della vita di Donato Jaja che vanno dal 1863 al 1884.
     È questo, - com’è noto - un periodo nel quale il filosofo conversanese ottiene i suoi primi incarichi come professore di filosofia; redige le sue prime pubblicazioni prima di ottenere un cattedra universitaria e quindi poi la consegue ma dopo travagliate vicende.  E, per ciò, sono anni nei quali si affanna - come può e deve per necessità di cose - a trovare una sua degna collocazione professionale nel mondo universitario di fine Ottocento. Le lettere inviate da Donato Jaja, ai suoi corrispondenti - residenti in Napoli – segnano inoltre uno spartiacque che poi non potrà non avere che significativi rilievi, sin forse a giungere a condizionare del tutto o in gran parte - il prosieguo stesso della sua successiva evoluzione culturale e umana.
     La lettura di questo epistolario quindi permette anche al lettore colto ma non specialista, di penetrare nei più intimi recessi dell’animo e quindi delle stesse passioni culturali ed umane del filosofo conversanese. Dal che ne deriva una lettura oltremodo affascinante delle lettere che lo Jaja, in questo periodo della sua esistenza, invia  ai corrispondenti “napoletani” che  ha, inoltre, il pregio di restituirci il senso delle perplessità, delle preoccupazioni e delle apprensioni di una vita che poi sarà dedicata interamente allo studio e all’insegnamento.
     Le ragionevoli apprensioni, la passione quasi mai rattenuta e la sincera disposizione ad aprirsi con i propri corrispondenti, questa volta residenti a Napoli, ci fanno comprendere come e quanto - Donato Jaja, una volta nominato professore della Normale di Pisa e diventato quindi corrispondente di quello che poi sarà il suo più noto degli allievi - partecipi delle ansie e delle stesse apprensioni di cui il giovane Giovanni Gentile lo mette a parte e al quale risponde con paterna, sentita partecipazione.

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Scheda bibliografica
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Autore Angelo Fanelli
Titolo La formazione scolastica di Donati jaia e il suo carteggio napoletano (1863 - 1884)
Editore Arti Grafiche Scisci Conversano
Prezzo contributo € 6,50
data pub. maggio 2007
In vendita presso: Emmaus - Conversano
Edicola p.za Castello - Conversano
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Libro di secreti veri:
un ricettario conversanese del Settecento
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Recensito per "Scaffale" da Giulio Esposito
    
Collana Crescamus 5

"Piglia terra impastata con orina di cane e mettila sopra i porri, che tutti seccheranno ed anderanno via". Recita così uno dei tanti rimedi proposti in un curioso manoscritto, appena edito dall'infaticabile don Angelo Fanelli con il titoloLibro dei secreti veri: un ricettario conversanese del Settecento, nella collanaCrescamus dell'Archivio diocesano di Conversano, dell'Archivio Capitolo della Cattedrale e della locale Biblioteca diocesana "D. Morea", per i tipi delle Arti Grafiche Scisci.


Il codicetto, come è detto nella dotta introduzione, è custodito gelosamenete da un privato ed è "sopravvissuto per una provvida cura affettiva che lo ha salvato dalle facili e consuete distruzioni moderne". Si tratta di un agile elenco di precetti riguardanti la salute, la vita domestica, il ludico e le conoscenze lunari. 1 secreti a cui fa riferimento il titolo del manoscritto indicano ciò che è nascosto anzitutto nella natura e poi dagli uomini stessi. La segretezza di questo sapere aveva molteplici moventi. Innanzitutto poteva essere un sottrarsi al controllo ecclesiastico, in secondo luogo un celarsi alla sorveglianza delle autorità politiche, in terzo luogo un evitare quello che il curatore definisce l'altezzosa spocchia che i dotti del tempo riservavano a queste precettistiche arcaico – rurali ed infine ad un possibile aumento di prestigio, che in ambito popolare, si riservava verso coloro che possedevano conoscenze segrete.


Questa raccolta di precetti appare anche quasi come un contraltare agli arcana dei ceti dominanti. Si legga il seguente consiglio per scoprire un qualche tesoro: "Si mena una moneta in qual si voglia parte oscura e poi si alluma una candela [ ... ], che si vedrà un montone di quella moneta, e di queste coglionerie vi sono studi pubblici in Ginevra", conclude sarcasticamente l'anonimo. Si legga poi quanto scrive a proposito delle "maggie ed altro che sembrano cose diaboliche: Sono tutte chiacchiere ma sol tanto sono tutte distrezze di mani, arte e virtù di certe composizioni e stromenti preparati per tal mestiere, che sembrano superstizioni ed arte diaboliche a chi non è noto l'arte il secreto" Ed ancora quanto altrove ritenga infondata e "truccata" ogni cabala lottologica. Il che sembra rimandare all'idea che le fortune non si realizzano magicamente - così come potevano credere masse di lazzaroni - ma grazie alla conoscenza ed alla intraprendenza umana.

La cornice del testo sembra voler ribadire la produttività del sapere umano capace di risolvere in modo apparentemente prodigioso molti problemi quotidiani, un sapere certo non "scientifico" (giusti i canoni galileiani), da custodire gelosamente non perché magico - esoterico, ma per volontà di monopolizzare il dominio.

Da una serie di indizi si può arguire che Nicola Sciorsci autore del codicetto proviene da un ambiente appena alfabetizzato, con un orecchio attento alla precettistica medica più popolare, ma anche capace di cogliere (e stravolgere) qualche elemento del sapere dei letterati. Il testo è interessante perché mostra che anche a livelli sociali più ampi si diffonde una cornice di disincanto, che evidenzia comunque una maturazione degli stessi strati sociali meno alfabetizzati.

L'interessante e meritoria pubblicazione del codicetto è accompagnata da un glossario medico, redatto dallo stesso don Angelo Fanelli, strumento indispensabile per la corretta comprensione del testo.

 

Giulio Esposito per "Scaffale"
Recensito da Franco Iatta
    
Collana Crescamus 5

Quale rilievo, poi quale incidenza e per ciò stesso quale funzione può aver assolto la cultura popolare nella nostra comunità sul finire del '700? A questa non semplice querelle ha tentato di offrire una prima, quanto convincente risposta Angelo Fanelli nel suo recentissimo "Libro di secreti veri: un ricettario conversanese del Settecento" Arti Grafiche Scisci, Conversano 2006. 
L'illuminante saggio ch'è premesso alla pubblicazione del "codicetto" ("i secreti" cui fa riferimento indicano ciò che è nascosto nella natura e poi colpevolmente dagli uomini stessi e che s'impone per sottrarsi all'occhiuto controllo del 'potere') dimostra che l'inedito manoscritto fonda il suo 'sapere' - essenzialmente medico, ma poi anche domestico e quindi poi pure culinario - sulla somma delle conoscenze acquisite dall'esperienza popolare. Ma rileva, altresì, come gli stessi rimedi - che il manoscritto custodiva e quindi di fatto offriva a chi ne aveva pressante necessità - permettono di cogliere l'industriosità e la millenaria saggezza accumulata dalla cultura subalterna della nostra comunità. 
Così, se per un verso il "Libro di secreti veri" si presenta come un ricettario per por rimedio ai più incalzanti affanni che angustiavano un'intera collettività che lottava per la propria sopravvivenza, per altro ci squaderna uno spaccato significativo della cultura popolare che s'era affermata in Conversano sul finire del '700. E così la lettura del "Libro di secreti veri" ci rivela o fa intuire credenze più o meno diffuse; dettagli di singolari mentalità quindi poi pure caratteristiche tipiche di costumi e/o pregiudizi d'indole generale che filtrano, per l'appunto, tra e da i suggerimenti e i singoli rimedi che generosamente si ricavano dal "Libro dei secreti veri". 
Insomma, letto tra le righe, il codicetto ci fa inoltre intuire le ragioni che determinano l'insieme degli atteggiamenti, delle tendenze e delle opinioni di un gruppo sociale e quindi i modi differenti di considerare il mondo che lo fanno contrapporre alla cultura dei ceti dominanti; per ciò ci rivela anche i costumi, le credenze e poi parte degli stessi pregiudizi su cui si fonda la "saggezza" ch'è, per l'appunto, compendiata nel "Libro dei secreti veri". 
Di fatto il codicetto che custodisce "Libro dei secreti veri" propone un modello di cura e/ o di cure diverse, se non proprio contrapposte, a quelle ufficiali. Ci permette, per ciò, di sondare quanto e come questo modello culturale subalterno derivi da quello egemone, oppure se ne diversifichi o come, d'altro canto, questi due mondi, apparentemente contrapposti, possano essersi influenzati a vicenda.
Il manoscritto che contiene il "Libro dei secreti veri" ci offre, comunque, anche un suo altro insieme di caratteri - parimenti distintivi - da decodificato. 
Com'è noto ciò che, tra l'altro, connota la trasmissione della saggezza o dei saperi popolari è che questi sono, di norma, affidati alla loro trasmissione orale.
Perché, quindi, Nicola Sciorsci (l'autore del manoscritto che ci viene offerto in un'edizione che si vale della consueta cribia filologica di Angelo Fanelli) ha avvertito la necessità di affidare ad un libretto di auree ricette alcune perle della cultura subalterna conversanese, addirittura infrangendo una regola non scritta? 
Una delle ipotesi che si può formulare per spiegare l'escamotage cui ricorre Nicola Sciorsci è, forse, la seguente. 
Come si sa nell'alto medioevo - a stare a quanto racconta Iduino abate di St. Denis - si attribuiva pure ai libri la facoltà di fare miracoli. Il libro miracoloso - cui fa riferimento l'abate di St Denis - era stato un manoscritto greco che conteneva le opere dello Pseudo Dionigi l'Aereopagita (l'attuale codice Parigino greco 437). Il libro depositato nell'abbazia di St. Denis operò, infatti, diciannove guarigioni. Ma al di là della leggenda, quel che riteniamo debba tenersi maggiormente in conto è il ruolo di mediazione taumaturgica che venne affidato ad un libro. Quindi anche Nicola Sciorsci, assegnando al suo "Libro dei secreti veri" il compito di custodire, per il futuro, il ricettario dei rimedi di cui era depositario, forse, intendeva consegnargli anche il compito taumaturgico che, nel passato, avevano avuto i libri. 
La nostra non parà un'ipotesi cervellotica sol che si ponga mente ad un dato di fatto che si ha leggendo, non ingenuamente, "Libro dei secreti veri". 
Da una serie non modesta d'indizi si arguisce, infatti, che Nicola Sciorsci proviene da un ambiente semialfabetizzato e che Nicola è poi attento non solo alle suggestioni della precettistica medica popolare quant'anche è in grado di cogliere i non modesti elementi di un diffuso sapere letterario che circolava nel suo ambiente. 
Insomma il "Libro dei secreti veri" - a saperlo interrogare criticamente come merita- ci offre, com'era d'altro canto prevedibile, non solo un primo ritratto del mondo subalterno della nostra comunità di fine 700 (che altrimenti non avremmo potuto più ricostruire - sia pur nelle sue linee essenziali) ma ci propone anche motivi ben più ampi di riflessione che vanno, ovviamente, oltre la mera decodificazione di alcune sue questioni demo-etno-antropologiche. 
Meritano, al termine di questa nostra segnalazione, almeno un cenno, gli apparati paratestuali di cui é stata, opportunamente, arricchita la pubblicazione che ha curato Angelo Fanelli. 
Angelo Fanelli ha, infatti, posto di seguito all'edizione filologica del codicetto: un glossario medico, che è insostituibile per leggere correttamente i contenuti del "ricettario"; poi vi ha aggiunto un prezioso indice degli argomenti trattati e infine, sin anche, un indice sistematico. Quanto mai impagabile si rivela - pure per questo quinto numero dei "Crescamus" - altresì anche la cura che ha posto nell'impaginazione grafica e nella riproduzione delle illustrazioni: Leonardo Brescia. 
E' stata accolta, infine, con questo "Creascamus" una nostra precedente raccomandazione. Un'intera pagina del quinto quaderno dei "Crescamus" è stata dedicata a ricordare i numeri già editi nel recente passato. Ma manca ancora, a nostro avviso, l'indicazione del loro prezzo e presso chi si può, eventualmente, acquistarli. Riteniamo, inoltre, che non sarebbe del tutto inutile indicare quali saranno i titoli della collana che stanno per essere editi. O che i direttori dei quaderni si propongono di pubblicare, nell'immediato futuro. 
I "Crescamus", oramai, costituiscono una nota felice nel desolato panorama culturale cittadino, quindi destano nuove e legittime aspettative che non devono, per l'appunto, essere frustrate. In proposito ci permettiamo quindi di consigliare ad Angelo Fanelli e a Vito Castiglione Minischetti, direttori della collana, di provvedere, sin d'ora, a segnalare - nei modi che riterranno più opportuni - la possibilità di poter prenotare - indicandone, altresì, contenuto, pagine e prezzo - il prossimo numero dei "Ceescamus". Dato il successo di stima che oramai circonda la loro qualità, la "prenotazione per l'acquisto certo" potrebbe assicurar loro un vita più lunga di quella che sin d'ora è facile pronosticare.

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apparso su "l'altro FAX" il 19/04/06
Scheda bibliografica
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Autore Angelo Fanelli
Titolo Libro di secreti veri: un ricettario conversanese del Settecento
Editore Arti Grafiche Scisci Conversano
Prezzo contributo € 5,00
data pub. febbraio 2006
In vendita presso: Emmaus - Conversano
Edicola p.za Castello - Conversano
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