Una introduzione solo apparentemente scherzosa – ma volutamente allusiva – fa da preludio ad un viaggio nel mondo della parola ben lontana dalle manifestazioni del linguaggio parlato ma piuttosto autenticamente parlante.
Un percorso stilistico costruito sul costante ricorso ad assonanze ed accostamenti, immagini e suggestioni, visioni enfatiche ricche di artifici metaforici, ritmici e musicali.
L’autenticità del verso non si esaurisce nella mera ricercatezza linguistica, quand’anche di gradevole effetto, ma sconfina nella ricerca di un significato altro, più alto, dove l’esperienza personale dell’autore segue una chiara sequenza cronologica sino ad elaborare una conoscenza critica della propria condizione e della realtà.
Attraverso l’indubbio richiamo ad elementi narrativi autobiografici, al lettore si offre l’opportunità di costruire nuovi elementi narrativi di significato, una serie casuale ed ininterrotta di ricordi, sensazioni, percezioni e desideri che compongono un flusso emozionale interiore cui nessuno può sfuggire.
La profondità e la sensibilità dell’immaginazione si alternano al vivido ed acuto realismo per una implicita rievocazione della narrazione dei maggiori pensatori del nostro tempo ovvero una reviviscenza delle tematiche filosofiche di sempre: la solitudine, gli incubi del presente, le incognite del futuro, le abitudini banali ed odiose, la nostalgia per ciò che non è stato vissuto, il pericolo dell’evitamento e dell’alienazione dell’individuo, la ricerca costante del silenzio, la fierezza del coraggio, l’ardimento ancestrale della speranza, la voglia ed il bisogno di amare al di là del tempo e delle distanze perché “coloro che amano profondamente non invecchiano mai, possono morire in età avanzata, ma muoiono giovani” (Arthur Wing Pineda)
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