Il Graal è sempre stata una delle mie passioni, tanto da spingermi a scrivere chili e chili di articoli e saggi.
È il mistero dei misteri, insondabile, indescrivibile, inarrivabile.
Eppure tutti noi cercatori, insistiamo nel volerlo studiare, nel voler a tutti i costi togliere il velo che lo ricopre.
Ricordate il film indiana Jones e l’ultima crociata?
Ecco noi siamo il dottor Jones intenti a scrivere sul nostro personale taccuino. Non solo ipotesi.
Disegniamo mappe, ipotizziamo luoghi di sepoltura, andiamo a assorbire la speciale aria del luogo prescelto, convinti di sentire l’odore del sacro calice come cani da tartufo.
Io stessa sono scesa in Puglia, una delle regioni deputate come ultimi luoghi di custodia di quel manufatto che è al tempo stesso, pietra, libro, calice, catino e sogno.
E ogni anfratto, ogni simbolo, ogni luogo, persino l’arcana Tumba di Rotari mi parlava proprio di quel sogno.
Il Graal.
In ogni luogo persino nella scritta sull’architrave.
In ogni leggenda persino in quella della fata Melusina.
In ogni nuvola.
Ovunque. Nella basilica Collemaggio.
Nel regno di Berenger Saunniere.
Sono una cercatrice del Graal lo ammetto.
Da tanti, troppi anni.
E quindi leggere questo libro è stato quasi destino.
Eh si miei lettori.
Perché al contenuto di questo piccolo, straordinario libro, ci sono giunta dopo anni e anni di ricerca.
Trentacinque anni ragazzi miei.
Trentacinque di pagine fitte fitte.
Di ricerche.
Di soluzioni.
Di indovinelli, di ipotesi e di arditi voli pindarici.
E al pari dei protagonisti del libro di Tambone mi sono chiesta: cos’è davvero il Graal?
Cosa si cela dietro le leggende, dietro le imprese favolose, dietro quel mito che solca i secoli e attraversa ogni civiltà?
Cosa nascondono quegli archetipi che sembrano quasi deridere ogni nostro tentativo, facendo brillare in fondo alla strada una luce, per poi lasciare che il Graal svanisce all’interno della terra?
Ci illude di poter essere toccato.
Ma poi viene inghiottito nel regno ctonio.
E noi dobbiamo armarci di pala e di volontà e andare di nuovo a scavare nelle grotte, nelle cripte, negli annali del tempo.
E ogni volta troviamo tanto, ma non riusciamo a stringere quella sacra coppa.
E il fuoco che ci scorre nelle vene si infiamma di nuovo, spingendoci verso il prossimo bivio, a delineare la prossima mappa.
E nonostante i tentativi a vuoto, del Graal non ci si stanca.
Non conosco un cercatore, uno solo, che si senta abbattuto, avvilito, privo di speranze.
Più è irraggiungibile più sogniamo di raggiungerlo.
E allora basta poco per comprendere la vera forza del Graal cosi come quello di ogni mito.
Non è importante per noi trovarlo davvero.
Anzi.
Credo che in fondo, averlo tra le mani è l’ultimo dei nostri desideri.
Improntante è cercare.
Importante è assistere alla processione, sentire dentro di sé la sete di sacro e andare a affrontare le peripezie e cercare il castello segreto.
L’importante è che durante la nostra crociata da cavalieri templari, noi impariamo a conoscere il vero mistero che il Graal vuole che affrontiamo davvero: noi stessi.
A ogni tentativo sempre più consapevoli di essere qualcosa di speciale.
A ogni cerca un sorriso spunta anche se falliamo.
Il vero cercatore…è felice solo della cerca.
E il Graal non è che il modo di farci dubitare, di farci imparare l’arte della domanda.
Perché cos’è il Graal equivale a rispondere alla domanda del Rabbi quando guardando negli occhi ogni persona che gli si accostava gli chiedeva sorridendo, tu cosa cerchi?
Tu chi sei?
E allora in fondo il Graal non è che l’unica vera salvezza per l’uomo, la conoscenza.
Di sé stessi in primis.
E poi di quel dio che si specchia ogni giorno dentro i nostri occhi.
Ecco la forza del Graal è un libro che lascia un sorriso, che con un brivido ci fa comprendere che, in fondo, non importa tanto la destinazione, quanto il viaggio.
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