La poetica del volto di Valeria Massari pare aver instaurato un dialogo intimo e serrato con la filosofia del filosofo Lévinas, sino a farne quasi una ragione di vita. Lévinas parla per concetti, la Massari per immagini.
L'artista ha deciso di condurre un'indagine sul volto, nella piena convinzione di poter far emergere, nello spazio intimo dell’arte, il desiderio dell'infinito.
Le sue opere sono delicate come foglie d’autunno.
I suoi molteplici volti trascendono la convenzionalità del ritratto d’accademia, per farsi immagine ed espressione di qualcosa di altro e di assoluto.
Ogni sua immagine è un vero e spaesante squarcio sull'altrove, una drammatica fessura che ci permette di vedere ben oltre i limiti angusti del nostro orizzonte.
Nel percorso biografico dell'autrice si avverte l'attenzione all'altro, al valore della persona. Lei indugia particolarmente sul volto femminile, forse perché crede che il femminile meglio riflette l’infinito.
I volti femminili di Valeria Massari sembrano provenire da un mondo lontano, da una dimensione metafisica, e sembrano fatti di polvere.
Volti che sembrano sfumare nell’aria e dissolversi nel nulla; apparire nel tempo per poi presto evaporare nello spazio indistinto dell'infinito.
Nella loro presenza-assenza, i suoi volti di polvere ci interpellano, silenti e assorti, sul significato autentico dell’esistente e ci mettono di fronte l'essenza dell’uomo, quale immagine perfetta dell’infinito e quindi di Dio.
È come se in qualche modo l’autrice volesse ridestare la coscienza dell'osservatore di turno, smuovere la sua sensibilità e la sua intelligenza. Far comprendere che la presenza di un volto non è mai un fatto ordinario, ma un evento. Anzi l’evento per eccellenza, perché proprio nel volto si invera il senso e il valore dell’uomo, che sono il senso e il valore della relazione, che sono il senso e il valore del divino.
Volti destinati a lasciare un'impronta nelle carte di Valeria Massari.
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