A chi è destinato questa raccolta di riflessioni? Sono riflessioni che nascono dal vivere di ogni giorno e dal racconto di tante storie ascoltate nelle aule di formazione e nelle sessioni di terapia individuale. Persone di successo, uomini e donne, imprenditori, manager, professionisti, insegnanti e tutti coloro che, prigionieri dell’ansia, dell’inquietudine, della rabbia mai risolta, scelgono di valutare una qualità di vita migliore meno dipendente dagli obiettivi da raggiungere, performance da rispettare, immagini sociali da garantire, a prescindere dal grado di ricchezza che possiamo vantare nella vita o dal grado di successo e apprezzamento ricevuto. Quindi ogni persona può leggere queste righe lasciandosi libero di associare la propria esperienza di vita, di farsi prendere da associazioni con la propria vita e i propri affanni.
La felicità un fine a cui tende l’intera umanità da sempre e Bauman reintroduce una riflessione sulla felicità non come stato di vita da raggiungere, ma come capacità di vivere la vita pienamente non è vero che la felicità significhi una vita senza problemi. La vita felice viene dal superamento dei problemi, dal risolvere le difficoltà. Bisogna affrontare le sfide, fare del proprio meglio. Si raggiunge la felicità quando ci si rende conto di riuscire a controllare le sfide poste dal fato.
La ricerca della felicità è un tema archetipale, un’esperienza che accomuna l’intera umanità da sempre. Felicità dal greco antico “fèo” che vuol dire produco, fecondo. Felice dal latino felix -īcis, dalla stessa radice di fecundus, quindi «fertile». Siamo felici quando godiamo dei risultati delle nostre azioni creative, quelle con cui abbiamo generato un cambiamento buono in noi e nell’ambiente che ci circonda.
Uno straordinario momento di produttività creativa e feconda in cui l’azione non si esaurisce, ma genera un nuovo altissimo potenziale. La felicità è ciò che permette alle persone di “fiorire”, di esercitare al meglio le proprie potenzialità, di raggiungere la massima espressione di sé e dei propri talenti. Nella vita quotidiana però viviamo ancora in un mondo dove la dimensione tecnico scientifica è separata dalla dimensione umanistica. Releghiamo la ricerca della felicità al di fuori della nostra quotidianità, magari durante le vacanze, oppure ci concediamo l’ora di meditazione, poi il resto della vita è corsa, automatismo, tensione, sempre con la mente altrove e il cuore chiuso nella sua solitudine.
La depressione e l’ansia secondo le previsioni del World Economics Forum del 2018 saranno, entro il 2028, le malattie più diffuse nei paesi occidentali dopo l’obesità. Paesi caratterizzati da condizioni di benessere sociale, sanitario economico invidiabili per buona parte del resto del mondo. Questo ci dice che le condizioni di benessere e felicità interiori non corrispondono a quelle esterne. Possiamo possedere tante cose, trovarci in luoghi meravigliosi, godere di condizioni di vita agiate, ma tutto questo non ha alcun effetto su di noi se non siamo in grado di scoprire accogliere la nostra interiorità, complessa, autonoma e con un suo progetto di realizzazione.
Di cosa abbiamo bisogno per godere di condizioni di felicità?
Seligman1 attraverso le sue ricerche ha individuato quali sono le caratteristiche di cui godono le persone che dichiarano di essere felici, conducono una vita “buona” e vivono più a lungo.
Vita realizzata, autentica, in sintonia con i propri punti di forza e i propri talenti, vita in cui si vive il piacere di dare espressione al progetto che individua la nostra natura. Una vita realizzata è una vita in cui sento di esprimere il progetto della mia vita ciò per cui sono nato.
Vita positiva, attraversata prevalentemente da sentimenti positivi. Non si tratta di coltivare emozioni positive transitorie ma di stabilizzare un mood emotivo caratterizzato da speranza, fiducia, amore per se e per gli altri.
Vita di senso e significato. Lo scopo della propria esistenza è il frutto della ricerca spirituale, desiderio di collocarsi in un universo infinito che abita nelle pieghe della dimensione tecnico meccanicistica che guida la cultura dei nostri tempi. Sentire la vita che scorre (senso) e incastonare la propria vita (significato) all’interno di un universo infinito per poi rispondere alle domande che l’uomo si pone sin dagli albori della umanità: chi sono io? Da dove vengo? Dove andiamo? Perché la morte, la sofferenza?
Vita di relazioni positive. Gli “altri” rappresentano una delle principali risorse contro i momenti negativi della vita, l’emozione umana positiva è prevalentemente sociale, orientata alla relazione.
Vivere il qui ed ora nella quotidianità, vivere appieno la motivazione a svolgere quelle attività che meglio esprimono il nostro talento, la nostra natura e che ci rappresentano piena mente. Quando svolgiamo il lavoro che coincide con la nostra attitudine siamo spesso in uno stato creativo, di pieno coinvolgimento emotivo, mentale e fisico. Amiamo ciò che facciamo.
Questi cinque elementi sono presenti nella vita delle persone che coltivano un senso di Sé integro e coeso nonostante l’imperversare della vita. Per quanto questi cinque punti ci possano sembrare “banali” cioè scontati, in realtà scopriamo come ciascuno di essi contiene ostacoli che riguardano la difficoltà che abbiamo nell’esplorare la nostra interiorità.
Spesso viviamo in una dimensione duale dove una parte di noi risponde alle aspettative culturali, sociali e familiari che abbiamo introiettato sin da piccoli, il Falso Sé (Falso non in senso morale, falso inteso come surrogato) e la nostra natura più intima e profonda, la nostra parte autentica, spontanea, ciò che siamo veramente, il Vero Sé (vero non in senso morale, ma autentico).
Il vero Sé, la nostra parte più autentica sono le nostre attitudini e qualità più intime frutto di un processo di sviluppo personale e intergenerazionale. Il vero Sé è quella parte di noi in contatto con la nostra interiorità più intima e profonda, con la nostra anima.
Il Falso Sé lo conosciamo, sappiamo tutto di lui. Della nostra parte esteriore conosciamo ogni dettaglio. Il Falso sé ci guida ogni giorno con le sue indicazioni su cosa è giusto fare e cosa no, cosa è buono per noi e cosa no, quali sono gli obiettivi meritevoli della nostra attenzione e quali no. Il Falso sé è un grillo parlante che giorno e notte, instancabilmente ci dice cosa dire, quando e se dirlo, cosa fare quando e come fare, ci dice cosa dobbiamo organizzare e programmare al fine di raggiungere gli obiettivi che ci danno rassicurazione o prestigio o approvazione. Il Falso sé si accanisce quando le cose non vanno come vorrebbe, è al servizio degli idoli del momento, sempre alla ricerca di amore e apprezzamento per sentirsi importante, di potere e prestigio per sentirsi potente, di controllo e denaro per sentirsi al sicuro.
Il Falso Sé è una parte di noi instancabile, ma schiava, prigioniera di una serie di attaccamenti o vizi necessari per mantenere l’immagine di noi stessi integra.
Del Vero sé sappiamo poco, in modo inconsapevole sin da piccoli lo abbiamo spesso relegato fuori dalla coscienza perché non corrispondente ai canoni che le figure importanti si aspettano da noi, infanti e bambini prima e giovani poi. Per essere amati, accettati e rassicurati abbiamo imparato ad adattarci in modo da risultare vincenti, sicuri, indipendenti, di successo, perfetti, ammirabili, bravi.
Canoni a cui abbiamo appreso l’arte di corrispondere piano piano al fine di essere accettati, amati e rassicurati, e con il tempo ci siamo dimenticati dei nostri bisogni, delle nostre paure, dei nostri desideri più profondi. Con il tempo abbiamo dimenticato i nostri talenti, abbiamo dimenticato di farci ispirare dai desideri più profondi quelli che provengono dall’anima.
Cresciamo nel Falso Sé, lasciano il Vero Sé a sé stesso, come un giardino incolto, fino al giorno in cui siamo costretti a prendercene cura.
Come un giardino incolto espande le sue piante in modo disordinato e ovunque così il nostro Vero Sé espande la sua presenza in modo “primitivo” utilizzando prevalentemente il linguaggio del disagio corporeo attraverso sintomi fisici, e utilizzando prevalentemente il linguaggio emotivo quello dell’ansia, della depressione e del disagio in generale.
E poi la vita ci mette del suo. Non sempre le circostanze sono favorevoli alle nostre aspettative, non sempre riusciamo con tenacia ad ottenere quello che vogliamo. Stanchi e affranti ci troviamo nella “selva oscura”. Qui comincia il nostro viaggio alla ricerca di chi siamo veramente, alla ricerca del nostro Vero Sé.
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