Se state cercando una storia spensierata e il comodo perbenismo, non li troverete in “Strega comanda colore”.
Chiara Tagliaferri propone un romanzo schietto, una finestra spalancata sulla cattiveria che è umana, e spesso celata con tutte le forze. Che è causa e conseguenza. Messa in mostra su ogni pagina di questo libro. Non il primo libro dell’autrice che, insieme a Michela Murgia, ha già pubblicato i libri Morgana.
Trama:
Tutto comincia nella provincia più dimenticata della Bassa Padana, dove una nonna feroce tiene in scacco la famiglia a colpi di umiliazioni e crudeltà. Il denaro per lei è potere, e il potere è controllo. La nipote, protagonista di questa storia, a cinque anni dice a sua madre: «Quando la nonna Viviana muore ballerò sulla sua tomba con delle scarpe rosse». La madre si sente in colpa: «Come ti ho passato tutto questo? Dal sangue?».
Due battute che sono l’esempio dello stile che incendia la pagina. Il sound di un esordio infuocato dai colori cangianti della cattiveria, per cui Chiara Tagliaferri ha orecchio assoluto. E il talento letterario di riprodurla attraverso personaggi femminili memorabili: la nonna, la madre, la sorella, se stessa. Strega comanda colore è un romanzo che sabota l’ipocrisia, è la storia di una ragazza che si oppone alla maledizione che la vita le ha scagliato addosso.
Tra violenza, risentimento e tenerezza. La protagonista cresce affamata: vuole l’amore, vuole la bellezza ma vuole ancora di più i soldi. Per liberare chi ama, costruisce pazientemente la sua vendetta. E poi scappa: dalla pianura piena di nebbia arriva in una Roma piena di luce. Sprovvista di tutto, ma determinata a spogliare chiunque di ciò che lei desidera. Rubare agli altri per dare a sé stessa diventa il suo vero lavoro. Per riuscirci inganna, mistifica, si scopre bravissima ad accalappiare fidanzati ricchi che tentano inutilmente di colmare le sue voragini. Intanto mente moltissimo, a tutti. Fino a che incontrerà l’unica persona capace di renderla vulnerabile. Una saga familiare luminosa e scellerata, la storia di un’emancipazione che passa attraverso il sangue, l’epopea di una ragazza che impara dal niente un alfabeto emotivo e che si salva anche grazie alla possibilità di un grande amore. Una storia di streghe. Finalmente.
Recensione:
Autrice di trasmissioni radiofoniche per Rai Radio2 e per Storielibere.fm, attualmente scrive per “Domani”, Strega comanda colore è il primo romanzo di Chiara Tagliaferri. Edito da Mondadori, racconta la storia di generazioni, di donne della stessa famiglia, di streghe. Non ci sono principesse tra le pagine di questo romanzo, non c’è nemmeno quella felicità semplice, figuriamoci abbagliante, ma ardentemente invidiata e desiderata a qualunque costo: rubare, mentire, uccidere. La ricerca di una felicità effimera, fatta di cose, di sfarzo, di denaro – quel denaro che sua nonna ha ostentato tante volte e non ha mai elargito alla figlia, nemmeno nel momento di massimo bisogno e sconforto – che in realtà è un bisogno lacerante e disperato di ricevere affetto, amore, comprensione.
Siamo nella Bassa Padana, tutto ha inizio lì. Nella nebbia fitta di Piacenza, la protagonista, voce narrante di Strega comanda colore, conosce fin da piccolissima la crudeltà e la cattiveria di sua nonna Viviana, e sua madre prima di lei. Zia Cede prima di chiunque!
“Quando la nonna Viviana muore ballerò sulla sua tomba
con delle scarpe rosse”
Non c’è ipocrisia né falso perbenismo nel racconto che l’autrice Chiara Tagliaferri fa, servendosi di salti temporali gestiti magistralmente mai confusionari, della vita di queste donne accumunate dal sangue. Di quello che passa attraverso il sangue. Di certo, la protagonista non ha ereditato la mansueta accettazione della madre, lei è bramosa di riscatto, ribelle alla malasorte, all’angherie della nonna. Non vuole essere infelice, disgraziata mai più. Non vuole che lo siano i suoi genitori. Per ribaltare le sorti della sua famiglia è pronta a tutto, a macchiarsi di colpe inconfessabili, che non le daranno pace per molti anni.
Le streghe comandano i colori e le nostre vite,
e lo fanno anche da morte, non se ne esce.
La scrittura di Chiara Tagliaferri è chirurgica, la penna affonda come una lama ma senza anestesia. Una realtà cruda, dura, l’esistenza di una donna che trova rassicurante il dolore perché lo conosce, è cresciuta nella malvagità, quel poco d’amore ricevuto era figlio di disgrazie e di catastrofi – “Nel male ci si può finalmente dire che ci vogliamo bene” – e questo deve arrivare al lettore con tutta la sua efferatezza. E arriva, ve lo assicuro. Come la disperazione e la richiesta d’aiuto che si celano dietro la noncuranza di sé e degli altri, a quella strafottenza con cui la protagonista arreca del male a sé stessa e alle persone che bene o male le gravitano intorno e calpesta. All’ostentata ingordigia di avere tutto perché non si è avuto niente, all’egoismo e alla sbandierata mancanza del senso di colpa – A me l’idea di rinunciare a qualcosa, qualsiasi cosa per qualcuno, rende pazza. Voglio tutto doppio, in mille colori. Non ho mai provato a smettere, non mi sono mai sentita in colpa – che in realtà esiste e ritorna ogni notte con gli incubi, con la sudorazione eccessiva delle mani.
In famiglia il potere eterno è garantito dalle disgrazie. Le cure e le attenzioni possono essere rilasciate solo davanti alla catastrofe imminente. Per questo mi piace guardare i film in cui gli aerei cadono o sta per arrivare la fine del mondo. […] Non è una mancanza d’amore, questo lo capirà da grande, ma una paura a lasciar passare troppo l’affetto, perché chi non è stato abituato a riceverlo fatica a gestirlo. Adoro dunque avere la febbre, vomitare il cibo, cadere e scorticarmi ginocchia, gomiti e giunture perché divento improvvisamente importante. Se la tenerezza viaggia continua alla malasorte, faccio in modo di procurarmi piccole sciagure costanti per garantirmi una dose sufficiente di premure
Unico appunto, per quanto abbia apprezzato quei riferimenti che nella giusta misura permettono di inquadrare meglio il contesto socio-culturale, il momento storico in cui si sono svolti i fatti di quel dato capitolo, avrei preferito forse se l’autrice si fosse dilungata meno in talune degressioni non strettamente necessarie per lo sviluppo della trama.
Se state cercando una storia di vendetta ed emancipazione, sulla fragilità umana, una saga familiare schietta e brutale come solo certi legami di sangue sanno essere, consiglio la lettura di Strega comanda colore.
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